Cuore sano

Autrice
Savina Tamborini
Ciclo #11 - Spaghetty Dialetty
Narrativa generale
7 luglio 2022

Dalla sora Cesira c’è un televisore in ogni stanza, schermi accesi a volte sullo stesso canale, a volte su canali diversi.
In quella casa ci ha cresciuto Giulia e Adriano. Sor Peppe è morto da trentatré anni e lei non ha più voluto amare nessuno dopo di lui, anche se tanti ci hanno provato e ci provano ancora, anche se ha più di settant’anni ed è chiatta.
Sora Cesira è allergica alla polvere e spazza dappertutto in modo maniacale, con la tv in sottofondo. Cucina e tra uno gnocco e l’altro segue Un posto al sole, Chi l’ha visto?, commenta le bocche rifatte e i gossip.
Grazie alla televisione ha imparato l’italiano e grazie al corso del centro anziani ha imparato anche a gugglare e a usà er coso; lo smartphone lo chiama così. Ora sa tutto, è aggiornata e se non sa qualcosa si informa.
C’ha avuto il raffreddore, la tosse, la febbre alta, ha perso anche il gusto e l’olfatto, e mo’ pure ’sto fiato corto. S’è beccata er Covid, e da chi l’ha preso ’sto virus è un mistero. O forse è solo colpa del diabete o del colesterolo, vallo a sapé.
La pelle di Barbara D’Urso è tirata, la luce nello studio fortissima, la sua faccia come avvolta da un’aura celestiale, la madonna della tv. Sempre brava, ce sa proprio fà.
Sora Cesira è rinchiusa come in clausura. Tiene in mano la foto della cresima di Giulia. Sul comò c’è invece quella di Adriano, vestito da Babbo Natale co’ Serenella in braccio. Com’era piccola e paffuta. Sospira. Quanto le mancano.
Giulia e Adriano ancora non sanno nulla. Giulia non la sente da settimane e Adriano, conta sulle dita, non lo vede da cinque anni. Non sia mai che pe’ colpa de ’sto virus ce rimetta le penne. Sora Cesira s’arza. Batte il pugno sul tavolo. Scriverà ad Adriano, telefonerà a Giulia e mangerà sano. Anche se pe’ lei magnà sano nun esiste proprio; la vita che vita è senza zucchero e sale. Lo dice pure la canzone: “con un poco di zucchero la pillola va giù, la pillola va giù…”. La Carlucci balla sotto le stelle, fa larghi sorrisi.
Con un foglio e una penna, Cesira va sul balcone. Se mòve a fatica, le gambe nun reggono, il respiro le manca, si siede con un tonfo. Il mare del porto è liscio, le navi da crociera sparite, come cancellate con la gomma dalle cartoline, le barche dei pescatori galleggiano abbandonate. Gli avrebbe scritto una lettera di scuse, qualcosa del tipo:

“Caro Adriano,
scusami, sono stata dura e ho esagerato. Ma è il mio modo di proteggerti e di volerti bene; tu questo lo sai. Spero che mi perdoni e spero tanto di sentirti presto. Sono positiva al Covid e sto male. Chiamami. Ti voglio bene,
mamma”.

Sora Cesira impugna la penna, gli scrive e piagne. S’asciuga l’occhi, piega la lettera, la infila nella busta, incolla, appiccica, la prende e con uno sforzo se arza facendo leva sui braccioli della sedia. Entra in cucina e la lascia un po’ stropicciata sul tavolo.
La cena è ancora intatta: pesce lesso e insalata scondita. Mangia come una brava bambina, controvoglia ma di buona volontà. La pubblicità mostra un nuovo modello di assorbenti, il pesce sa di carta, ma lei mangia tutto lo stesso.
Prende er coso e chiama Giulia. Zero zero, quattro quattro…
Sua figlia ci mette un po’. «Mamma!». Ha il fiatone.
«Giulia, ma che c’hai, stai male? O stai in palestra?»
«No.»
«Metti er video, daje, nun te vedo!»
«Ok! Aspetta, dammi un attimo.»
Sora Cesira attacca er coso all’orecchio, quello che ce sente mejo. Il tempo passa, minuti infiniti di tramestio e parole che non capisce. Allontana er coso e se lo mette davanti agli occhiali.
Giulia compare, in accappatoio, spettinata, tutta rossa in viso. Sora Cesira avverte una fitta allo stomaco, le viene su persino il sapore del pesce. «Giulia, ma che te disturbo?»
«No, no.»
«Sicura? Ma che sei co’ l’amica tua?»
«No, e non era una mia amica, lo sai benissimo!»
«Ma co’ Victoria va tutto ben—»
«M’ha lasciata. E tanto non te n’è mai fregato niente.»
«Me dispiace.»
«Morta ’na papessa se ne fa un’altra. Allora, che vuoi?»
Sora Cesira tira un sospiro, esce un sibilo, fa un colpo di tosse catarrosa. «Lo so, nun se sentimo da ’n po’ ed è corpa mia; nun volevo proprio di’ quello ch’ho detto».
«Però l’hai detto, mamma, tu fai sempre così, lo fai con tuttə.»
«Solo a chi vojo bene.»
«Nessunə avrebbe detto quello che hai detto ad Adriano se j’avessi voluto bene.»
Giulia sa proprio come colpirla al cuore, una pietra sempre pronta da scagliare, trasformata in spugna e trafitta dalle sue frecce.
«J’ho scritto ’na lettera, j’ho chiesto scusa.»
«Mo’ gli chiedi scusa?»
«E chiedo scusa pure a te, Giulietta mia.»
«Forse è un po’ tardi, non trovi?»
«Ho il Covid.»
Giulia fa una lunga pausa; il suo respiro entra nelle orecchie di sora Cesira mentre il suo fatica a uscire. Giulia parla e la sua voce ha un lieve tremore. Fa mille domande tutte veloci e mentre parla si tocca i capelli. Li raccoglie e si fa la coda. «Ma perché non me l’hai detto prima?»
Sora Cesira rimane in silenzio. Va in sala, in televisione danno una replica della Signora in giallo. Quella puntata l’avrà vista mille volte, ma l’assassino chi è?
«Mamma, guardami!»
La fissa negli occhi e scoppia come una bomba. Le racconta le sue paure, tutte ma proprio tutte d’un fiato. Il fiato che le manca. Forse non la rivedrà più e nemmeno Adriano, Serenella. Parla metà in romanaccio e metà in italiano. Piagne davanti a lei che non l’ha mai vista farlo. Giulia l’ascolta e nun ce pò crede’.
Si confortano sconfortate e, per stemperare i toni, sora Cesira le chiede di Victoria, che l’ha lasciata per un’altra, la sua segretaria. Giulia se l’aspettava e non soffre troppo, è sempre su quel cavolo de Tinder e ha già tre o quattro tipe. Sora Cesira le sorride. Ecco che stava a fa’ quanno l’ha chiamata, ’sta disgraita!
Prima del Covid l’avrebbe assalita perché la colpa è sua, che non ha mai voluto provà con ’n omo! Le avrebbe sbraitato addosso che deve piantarla de prenne la vita così, come viene. Invece no, non la biasima, fa bene.
Giulia passa le sue giornate sul divano a vedé serie, beve bira e magnà surgelati. Alza una lattina, sorride e la sbatte contro il telefono. «Cin cin!»
“Fija mia, che bella che sei quanno sorridi”, pensa Cesira, ma non glielo dice.
A Giulia manca andare al pub e al museo, le manca persino andare in bici anche se l’ultima volta è annata a sbatte’ contro ’n’auto perché come ar solito nun s’è fermata al rosso.
Il campanello di sora Cesira suona. Giulia la liquida velocemente. Sora Cesira rimane cor coso in mano. «Giulia, amore, aspetta». Abbassa la testa e si avvicina alla porta. Aprirla non può anche se vorrebbe buttarla giù a capocciate. «Chi è?»
«Cesi’, so’ io, te lasso er bulle.»
«Che?»
«Ho rifatto er dolce svedese che t’era piaciuto tanto, quanno mi’ nipote l’ha portato da Goteburgo o come cavolo se chiama. Bei tempi quelli, mannaja a ’sto viruse.»
Vorrebbe urlare che non pò magnà ’sto bullo, che ha iniziato la dieta, no zucchero, no sale, solo pillole amare, ma l’artra se n’è già annata.
Come una ladra apre, caccia la mano, afferra er bulle e richiude.