Il primo bacio di Peter

Autore
Federico Malvaldi
Drammaturgia
Atto unico
4 febbraio 2021

Quadro 1

Casa sull’albero. Notte.

Wendy è stesa su un divano, avvolta in una coperta. Un piccolo fuoco arde in un caminetto. Peter guarda la neve cadere fuori dalla finestra.

Lei indossa una vestaglia bianca, lui un abito di foglie secche tenute insieme dalla linfa degli alberi.

Wendy: Vieni qui, Peter.

Silenzio.

Wendy: Per favore, ho freddo.

Peter: Hai misurato la temperatura?

Wendy: No.

Peter: Ti prendo il termometro.

Wendy: No, vieni qui.

Peter: È un attimo. Lo prendo e –

Wendy: È un attimo in meno.

Peter: Solo uno.

Wendy: In meno di noi due, insieme.

Peter: (avvicinandosi) Possiamo avere tutto il tempo del mondo.

Wendy: No, non possiamo.

Peter: Possiamo andare dove vogliamo, abbiamo il mondo intero.

Wendy: Il mondo in un’isola.

Peter: Non ti basta?

Wendy: No.

Peter: Non ti basto io?

Wendy: Non su un’isola.

Peter: Quest’isola è tutto quello che so.

Wendy: Impareresti, come imparano tutti.

Peter: Tutti sono nati e cresciuti là.

Wendy: Anche tu sei nato là –

Peter: Ma sono cresciuto su un’isola che non c’è.

Wendy: Restaci allora.

Peter: Non capisco perché non –

Wendy: Perché non voglio una vita senza scelte, Peter. Non voglio vivere chiusa in una bolla dove tutto è già deciso. Vieni qui. Siediti. Possiamo non parlarne? Possiamo solo stare qui?

Peter: Vuoi solo aspettare che tutto finisca?

Wendy: Voglio solo stare in silenzio insieme, un’ultima volta.

Peter: Non mi sono mai piaciute le ultime volte.

Wendy: Eh.

Peter si siede vicino a lei, si abbracciano e restano in silenzio.

Wendy: È per Campanellino?

Peter: Cosa?

Wendy: Che non vieni con me.

Peter: No, Wendy. Non c’entra nulla.

Wendy: E allora perché?

Peter: Te l’ho detto.

Wendy: Mi hai detto solo un sacco di storie.

Peter: Non è vero –

Wendy: (alzandosi) E non le sopporto più le tue storie.

Peter: Stai qui…

Wendy: Non mi va più. Mi sento soffocare, lo capisci? Quanto tempo è passato, Peter? Quasi non mi ricordo più il volto di mio padre… di mamma! Nessun bambino dovrebbe dimenticarsi il volto di sua madre. Non possiamo restare qui per sempre. Io non posso, almeno.

Peter: Io non me lo ricordo più.

Wendy: E come fai a vivere così?

Peter: Non lo so… vivo.

Wendy: Vieni con me.

Peter: Dovrei andare a scuola.

Wendy: Tutti ci vanno.

Peter: E poi andare in un ufficio, lavorare, vestirmi di grigio e camminare in mezzo alle macchine. Diventare un uomo. No, non voglio! Pensa se un giorno mi dovessi svegliare con la barba!

Wendy: Mi piaceresti anche con la barba.

Peter: La barba prude, Wendy!

Wendy: Te la farai.

Peter: Non so neppure da dove cominciare.

Wendy: Ti insegnerà papà… e mamma. Ti insegneranno tutto loro… le cose che non sai, dico. E io… io… mamma fa una crostata di ciliegie buonissima.

Peter: Davvero?

Wendy: Sì, davvero. E per le feste di Natale mangiamo un sacco di cioccolata e andiamo a giocare nei giardini di Kensington con tutti gli altri bambini. Gianni e Michele fanno a palle di neve e tu e io potremmo andare… beh, andare a stare insieme nella casa di legno dove si nascose Marmaduke Perry. Quella di Marmaduke Perry è la storia più terribile dei giardini di Kensington. E poi… oh, Peter, e poi a primavera potremmo far navigare i nostri vascelli di legno sul Lago Rotondo e fermarci a parlare con la signora che vende i palloncini, Madame Ballon conosce un sacco di storie e si tiene sempre aggrappata alle sbarre del cancello del parco perché, se lasciasse la presa, i palloncini la solleverebbero in aria e la porterebbero via.

Peter: Sembra magnifico…

Wendy: Lo è, Peter. Lo è. Ed è solo una parte del mondo che c’è laggiù. Pensa a quanti giardini di Kensington ci sono al mondo! Quanti posti, quante isole, città e cose da vedere!

Peter: Forse troppe, no? Così tante che puoi restarci imprigionato dentro.

Wendy: Sei detestabile quando fai così.

Peter: Io…

Silenzio. Wendy si rimette a sedere.

Wendy: Ti sentirai molto solo la sera, vicino al fuoco.

Peter: Ci sarà Campanellino.

Wendy: Campanellino è una buona a nulla.

Peter: Non dire così…

Wendy: Non la sopporto. L’idea che tu… che tu…

Peter: Allora resta con me.

Wendy: No.

Wendy si stringe nella coperta.

Peter: Mi puoi promettere una cosa? Se vengo con te, dico.

Wendy: Cosa?

Peter: Che saremo per sempre tu e io.

Wendy: No, Peter, non posso promettertelo. Ma posso sperarlo.

Peter: Io non ce la faccio.

Wendy: Perché no?

Peter: Perché non è abbastanza! Perché così è un salto nel vuoto.

Wendy: L’amore è un salto nel vuoto, Peter.

Peter: E allora non voglio amare. Perché se ci penso sento un dolore, proprio qui, alla bocca dello stomaco e la testa mi formicola, mi stringe, come se ci fossero due mani che premono… proprio qui, alle tempie e io… io mi sento scoppiare dentro. Io non ce la faccio, no, non ce la faccio. Qui… qui sono leggero, sono io… è tutto… tutto semplice. Perché l’amore non può essere così semplice? Facile… come… come volare o credere nelle fate.

Wendy: Io non voglio più credere nelle fate.

Peter: Perché no?

Wendy: Perché nella vita reale le fate non esistono.

Silenzio.

Peter: Sei cattiva, Wendy. Io –

Wendy: Certo, io sono cattiva.

Peter: Sì, perché –

Wendy: Basta, Peter, basta. Mi esplode la testa e ho freddo. Ho tanto freddo. Questo camino sembra non essere neppure acceso.

Peter: Ti prendo il termometro.

Wendy: Mi puoi abbracciare? Per l’ultima volta. Stiamo qui, in silenzio… e poi domani… domani vedremo.

Silenzio. Wendy guarda fuori dalla finestra.

Wendy: Avevi detto non nevicava mai qui all’isola.

Peter: Non era mai successo.

Wendy: Chissà se nevica anche a Londra.

Peter: Domani lo scoprirai.

I due si guardano. Buio.

Quadro 2

Notte, la luce fioca della luna illumina una stanza mescolandosi a quella di un camino. Wendy, che indossa un abito bianco, ha ormai trent’anni e sta rammentando alla luce del fuoco… Canto di un gallo, una finestra si apre di colpo. Wendy si nasconde nella penombra della stanza. Entra Peter, vestito di foglie.

Peter: Wendy, sei qui?

Silenzio.

Peter: Wendy –

Wendy: Sì, Peter. Sono qui.

Peter: Fatti vedere. Non sai quante cose ti devo raccontare, quante avventure ho vissuto mentre tu non c’eri.

Wendy: Sì, certo. Lo immagino.

Peter: Sei triste?

Wendy: No, sono molto felice di vederti.

Peter: Sono venuto a prenderti, ti sei dimenticata che –

Wendy: Non posso venire, non so più volare.

Peter: T’insegnerò di nuovo.

Wendy: Oh, Peter, non sprecare per me la polvere delle fate.

Peter: (indietreggiando) Che ti è successo?

Wendy: Nulla.

Peter: Non è vero. La tua voce… la tua voce è strana.

Wendy: È solo la mia voce.

Peter: Non è più felice come quella di un tempo.

Wendy: Peter io… (pausa) Va bene.

Wendy entra nel raggio di luce del camino.

Peter: Che ti è successo?

Wendy: Sono grande, Peter. Ho molto più di vent’anni. È tanto tempo che sono cresciuta.

Peter: Mi avevi promesso di non crescere!

Wendy: Non ho potuto farne a meno e…

I due si guardano, tentennano.

Wendy: Non sei più venuto a trovarmi.

Peter: La vita è frenetica lassù, lo sai.

Wendy: Potevi venire. Una volta ogni tanto, non dico sempre, una ogni tanto.

Peter: E cosa avrei trovato?

Wendy: Me felice di vederti.

Peter: E poi?

Wendy: Che importa ormai? Sono passati tanti anni. Ho fatto l’università, sai? Sono laureata in lettere e ho scritto la nostra storia. Guarda qui (prende un manoscritto), siamo tu e io: Peter Pan e l’isola che non c’è. No, stai tranquillo: non spiego come arrivarci… non davvero, almeno. Te lo giuro… ho… un po’ barato: seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino. Non era proprio così, vero? Nemmeno lo ricordo più com’era davvero. Ma ci siamo tutti… i bambini sperduti, Uncino, persino Campanellino! Pensavo di pubblicarlo dopo… dopo… (pausa) C’è una casa editrice che è interessata e… ho cambiato il mio nome in Julia… sai, non vorrei che… sarebbe antipatico, no? Mi prenderebbero per pazza! Ma tutti gli altri, tutti gli altri sono loro. Veramente loro.

Peter: È fantastico…

Wendy: Perché sei così triste? Non sei felice di vedermi?

Peter: Sì, certo.

Wendy: E allora?

Peter: Nulla. È solo che sei così cambiata… e solo adesso mi rendo conto di quanto tu mi sia mancata, ma non so più se sei la Wendy che conoscevo.

Wendy: Certo che sono io, Peter. Sono solo cresciuta, ma sono io.

Peter: Hai un anello.

Wendy: Sì.

Peter: Ti stai per sposare.

Wendy: Sì.

Peter: E sei felice?

Silenzio.

Peter: Vieni con me.

Wendy: Non essere sciocco.

Peter: Se qui non sei felice non ci devi stare.

Wendy: Peter la vita non è così semplice.

Peter: Sì, invece. Lo è.

Wendy: No.

Peter: Perché?

Wendy: Perché sono incinta.

Peter: Cosa?

Wendy: Tu non sei voluto venire, io te lo avevo chiesto ma tu niente. Sei voluto rimanere con gli altri. E ora guardati… sei sempre tu. Sempre uguale a te stesso. Così… bello, con i tuoi capelli così morbidi e quello sguardo che potrebbe rubare tutti i baci del mondo. Anche tu mi sei mancato, Peter. Tanto, ogni giorno. Non sai quanto ho sognato di sentirti bussare alla finestra, quante notti mi sono svegliata convinta che tu fossi là fuori e ho aperto quei vetri facendo entrare il freddo dell’inverno fra le pareti di casa.

Peter: Lui sa di me?

Wendy: Perché avrei dovuto dirglielo? Sei solo mio Peter. Sei il mio ricordo, il mio –

Peter: In pratica non esisto.

Wendy: Esisti per me.

Peter: E basta? Questo secondo te basta?

Wendy: Puoi sederti? Possiamo stare un po’ –

Peter: Vuoi che mi sieda? Sono anni che non ci vediamo e vuoi che mi sieda?

Wendy: Vieni qui, Peter… ti prego, vieni qui.

Peter: Perché?

Wendy: Perché ho bisogno di te!

Peter l’abbraccia.

Peter: Perché mi hai fatto venire?

Wendy: Volevo… volevo solo vederti. Per l’ultima volta.

Peter: Proprio non puoi tornare con me?

Wendy: No. Non più. Ho sperato tante volte che tu arrivassi a prendermi. Ma ora… ora è tardi.

Peter: Non è giusto.

Wendy: Lo so.

Silenzio. Rumore di chiavi, si sente un portone che si apre.

Peter: È lui?

Wendy: Sì.

Peter: È meglio che vada.

Wendy: Sì.

Peter: Addio, Wendy…

Peter fa per andare.

Wendy: Peter!

Peter si volta a guardarla.

Wendy: Prometti che verrai a prenderla. Che le farai vivere quello che hai fatto vivere a me. Anche se sarò contraria, anche se non vorrò. Prometti.

Peter: Tu le parlerai di me?

Wendy: Sì, lo farò.

Peter: Allora verrò. Te lo prometto. Addio.

Buio.

Quadro 3

Camera da letto. Jane, la figlia di Wendy, entra nella stanza sbattendosi la porta alle spalle. Ha delle lacrime agli occhi e vibra di nervosismo.

Jane: Strega arrogante e inacidita! Ogni volta mi tratta così, ogni volta!

Jane si siede sul letto, si asciuga le lacrime. Le prende un attacco di rabbia e scaraventa per terra il cuscino.

Jane: Gliela farò pagare, giuro. Io giuro che –

Qualcuno bussa alla finestra. Jane si zittisce, va verso la finestra, guarda fuori ma non vede niente. Apre la finestra, si sporge, non c’è nessuno. Chiude la finestra, si volta e trova Peter davanti a sé.

Jane: Chi diavolo sei tu?

Peter: Sssh… non urlare!

Jane: Non urlare? Non urlare? MAMMA!

Peter: (tappandole la bocca) La vuoi smettere? Wendy mi uccide se mi vede qui.

Jane: Lei ti conosce?

Peter: Sì.

Jane: Chi diavolo sei?

Peter si allontana e si lascia guardare.

Jane: Beh?

Peter: Ma dai! Non hai letto il suo libro?

Jane: Peter Pan?

Peter: Eh.

Pausa.

Jane: MAMMA!?

Peter: Ma la vuoi smettere o no?

Jane: Stammi lontano, STAMMI LONTANO! Peter: Va bene, chiamala. Dai. Ti aiuto. WENDY?

Jane: Sssh. Ma cosa urli?

Peter: Ti aiuto. WENDY? Andiamo di là?

Jane: (chiudendo la porta a chiave) No, smetti.

Peter: (ridendo) Ah sì? Devo smetterla?

Jane: Tu non esisti.

Peter: E invece sì. Come gli gnomi e le fate.

Jane: Le fate non esist –

Peter: (tappandole la bocca con una mano) Ogni volta che qualcuno dice che… beh… che non esistono, una fata muore. Ci sono sempre tante fate piccine, nascoste agli occhi dei più distratti. Ce ne sono a milioni perché vedi, quando un bambino ride per la prima volta, nasce una nuova fata; e siccome i bambini continuano a nascere, ci saranno sempre nuove fate. Vivono in certi nidi in cima agli alberi: quelle viola sono maschi, quelle bianche, femmine; e quelle blu sono delle stupidelle che non sanno nemmeno cosa sono.

Jane: (liberandosi) Tu devi essere un matto uscito da un manicomio.

Peter: Cosa sono i manicomi?

Jane: Non puoi essere davvero lui… sarebbe bello… ma… no, no no! Non sarebbe bello affatto! Sono stanca di vivere nei sogni di mia madre! È tutta la vita che mi parla di questo Peter Pan e mi fa una testa grande così! E quanto era coraggioso Peter Pan, quanto era bello, gentile, simpatico! Peter, Peter, Peter Pan! Ma tu non esisti. Tu sì, voglio dire: sei un matto e non so chi tu sia, ma lui… lui no. Non è possibile. Ti dico di no, che non è possibile.

Peter: E perché no?

Jane: Perché Peter Pan sa volare.

Peter: Così?

Jane: Diamine! Ecco come sei entrato!

Peter: Ora mi credi?

Jane: Insegnami! Ti prego, insegnami!

Peter: (ridendo) Un attimo, un attimo… vedi, per volare devi prima credere nelle fate.

Jane: E come faccio?

Peter: Devi battere forte tre volte le mani, così! E poi devi urlare tre volte: Io credo nelle fate!

Jane: Ti prendi gioco di me?

Peter: No! Come potrei? Sei la figlia di Wendy!

Jane: (lo studia) E va bene… (battendo le mani) Io credo nelle fate. Io credo nelle fate. Io credo nelle fate!

Peter Ride.

Jane: Tu ti prendi gioco di me!

Peter: Un pochino.

Jane: Io… ti odio! Io –

Peter: Non lo dire. Ricordati che se lo dici, una fata muore.

Jane sbuffa.

Jane: Cosa ci fai qui? L’altra volta avevi perso la tua ombra, ma ora –

Peter: Volevo vederti.

Jane: Perché?

Peter: L’ultima volta non eri ancora nata e… ero curioso.

Jane: Sì ma perché proprio adesso?

Peter: Beh… oggi è il tuo compleanno, no?

Jane: E allora?

Peter: Quanti anni hai?

Jane: L’età di mamma la prima volta…

Peter: Già.

Jane: Sei venuto a prendermi.

Peter: Già!

Jane: Io non ci vengo sull’isola che non c’è.

Peter: Perché no?

Jane: Non mi interessa. Io sto bene qui e… ecco… diciamo che sei un po’ passato di moda da qualche anno.

Peter: Ah.

Jane: Però ti prego: insegnami a volare.

Peter: Se non vieni che te lo insegno a fare?

Jane: Ormai sei qui, no? Hai fatto tutta questa strada…

Peter: Perché non vuoi venire?

Jane: Non voglio vivere su un’isola sperduta in mezzo alle stelle! Qui… c’è già tutto. Sei mai stato a Parigi? A Madrid o a Barcellona sulla Rambla? Papà mi ci ha portato l’anno scorso e tra qualche mese andremo in America! Ma te lo immagini? Che me ne importa di pirati e sirene se posso avere l’America…

Peter: Io… non lo so. Non la conosco l’America.

Jane: E allora resta e vieni con me. Voleremo insieme sopra New York. Grattaceli più alti di montagne! Musica, hamburger e teatri dove vivere il doppio… ma che dico, il triplo delle avventure che tu e la mamma avete vissuto su quell’isoletta che non c’è.

Peter: Teatri?

Jane: Ma dove sei vissuto tutto questo tempo?

Peter: Beh… su un’isola che non c’è.

Jane ride e si avvicina. I due sono a pochi centimetri di distanza.

Jane: Hai mai dato un bacio a una ragazza?

Peter: Un bacio.

Jane: Sì, un bacio.

Peter: Non so cosa sia…

Jane: Beh, un bacio…

Jane lo bacia, cogliendolo alla sprovvista. Poi si stacca. I due si guardano. Buio.

Epilogo

Peter e Wendy si incontrano a metà strada.

Wendy: Non me lo sarei mai aspettata.

Peter: Neppure io.

Wendy: Ti è bastato vederla una volta e –

Peter: Scusa.

Wendy: Non ti devi scusare, Peter. Davvero non devi.

Silenzio.

Peter: Non so più volare, Wendy. Le avevo promesso che le avrei insegnato ma non so più come si fa.

Wendy: Peter… per amare non serve saper volare.

Buio.