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Popcorn

Autrice
Caterina Villa
A scelta dello Chef
Narrativa generale
9 marzo 2023

Faccio ciondolare i piedi oltre l’orlo del divano, nell’aria c’è l’odore dei popcorn che la zia sta preparando di là in cucina. La televisione è già accesa, ma il film è in pausa mentre la aspetto.
L’idea è stata mia, di fondare questo Horror Club, dico. Avevo dieci anni; avevo ritagliato i biglietti dalle pagine del quaderno di matematica, ci avevo messo la data e sotto “Horror Club” e poi Paolo sul mio e zia sul suo. Una cosa ufficiale, da grandi, insomma. Adesso di anni ne ho tredici ed è ancora così che mi fa sentire: grande. Siamo solo io e zia Alice, decidiamo noi cosa vedere, anche tre cassette di fila se ci va. Sono tutti film bellissimi e spaventosissimi, come IT o quello con il tizio con la faccia deformata. Mia mamma ovviamente non sa che la zia me li lascia guardare fino a notte fonda. Proprio per non farla insospettire, l’Horror Club si tiene un solo sabato al mese; a me piacerebbe fosse più spesso ma la zia dice che è meglio così. E la zia ne sa sempre una più del diavolo, come dice la nonna, e mi lascia mangiare in pigiama sul divano e bere Coca-Cola in mezzo alla notte e si siede vicino a me e sa di popcorn, e si passa la lingua sulle labbra come un gatto, ma è anche diverso è più…
La verità è che non vorrei mai andarmene da qui. 
Lascio ciondolare i piedi e la aspetto. Oltre che essere una forte, zia Alice è anche bellissima. Di un bello che mamma o le altre zie più grandi non sono. Ha venticinque anni, va all’università e studia biologia, che è una materia che a noi ancora non insegnano ma che spero di conoscere presto per poter parlare con zia anche di quello. Per ora parliamo di film e di scuola e di quando diventerò un regista famoso, ma non le dico che la porterò sul tappeto rosso con me, che già me la immagino col vestito nero e lungo come una di quelle streghe che si vedono in alcuni film, che ti prendono il cuore e se lo mangiano, ma va bene perché sono bellissime quando lo fanno. Che poi non lo dico, ma secondo me lo sa. Sa sempre tutto. Anche quando mi prendono in giro a scuola che mia mamma non lo vede ma zia sì. A zia l’ho detto che non ho amici, che Marco non mi ha nemmeno invitato alla sua festa di compleanno della prossima settimana, l’unico di tutta la classe. Ma se ho l’Horror Club mi basta. 
Ora che ci penso dovrei farle giurare che lo faremo sempre, anche se zia cresce e io cresco. Sì, magari tra il secondo e il terzo film questa sera, quando infila i piedi sotto il cuscino e gli occhi ce li ha tipo liquidi. Non dorme mai eh, sta sveglia con me fino alla fine, però a un certo punto si ammorbidisce che sembra un marshmallow nel suo pigiama di pile. 
Eccola che arriva, la ciotola azzurra dove mette sempre i popcorn, quella che sa che non deve usare per la frutta che sennò i popcorn non li tocco e zia non se lo scorda mai eh, mica come fa la nonna che ogni volta devo scuotere la testa quando mette l’insalata nella boccia che so benissimo che usa per i mandarini. E la mamma mi guarda in quel modo lì, quello da “i bambini in Africa muoiono di fame”. Ma chi li conosce questi bambini africani. Io no di sicuro. Comunque da zia Alice questa storia non esiste perché lei sa, lei ricorda. 
Si siede sul divano, prima di spegnere la luce mi sorride, poi schiaccia play. 
I film li guardiamo al buio, proprio come al cinema, e con il volume alto, così le urla e il sangue riempiono tutto. Zia Alice ride anche davanti alle scene di sbudellamenti e in quei momenti dove mi verrebbe da mettermi le mani davanti alla faccia ma resisto. Mia mamma dice che zia Alice dovrebbe mettersi la testa a posto, trovarsi qualcuno. Ma se si trova qualcuno, questo poi farà come mio papà a casa nostra: dormirà nello stesso letto con zia e lascerà le sue cose in giro. Non può esistere questa cosa. Impossibile!

“Che hai, Paolo? Stai tutto corrucciato.”

La zia ha messo in pausa il film e nemmeno me ne sono accorto. Non mi è mai successo prima. 

“Niente, zia”, dico e provo a non guardarla, ma è difficile se mi fissa così. Mi concentro sulla punta del suo naso. 

“Puoi dirmi tutto quello che ti passa per la testa, lo sai”. Si avvicina, sa così di buono che mi viene voglia di chiudere gli occhi, ma mi sforzo di tenerli aperti.

“Noi…”

“Noi?”, insiste zia. 

“…saremo sempre così, vero?”

“Così come?”, domanda e sorride.

“Così… che facciamo il nostro horror club e posso venire qui da te una volta al mese.”

La zia resta in silenzio, conto unoduetrequattrocinqueseisetteottonovedieci e sento la pancia che mi si fa dura e fredda.

“Beh sicuramente per un altro po’, poi nella vita non si sa mai, le cose cambiano, anche tu crescendo avrai altri interessi, persone da vedere…”

“Zia, ma sai che non ho amici…”

Allunga una mano, me la posa tra i capelli, ma non me li spettina, sa che mi dà super fastidio. 

“Adesso è così, ma vedrai che andrà meglio, fidati di me.”

Ma io non voglio che vada meglio, voglio restare così. E come faccio a fidarmi adesso? Mi viene il pensiero orribilissimo che invece lei se ne sta qui con me a guardare film horror sperando che un giorno non lo dovrà fare più. Apro la bocca per dirlo, ma lei fa una cosa strana con le labbra, che assomiglia a quello delle professoresse quando me ne resto da solo seduto al banco a mangiare la merenda a ricreazione, che pensano che non me ne accorgo e invece io le vedo benissimo. 
Mi accarezza ancora i capelli e poi lascia andare, prende il telecomando, schiaccia play. Guarda lo schermo, non si gira più verso di me, pesca dalla ciotola e io non riesco più a toccarli i popcorn. 
Quando il film finisce, si alza e accende la luce. Mi fa male agli occhi. Poi prende la cassetta e la rimette nella custodia, porta la ciotola in cucina. Io rimango seduto e tutto intorno è insieme più grande e più piccolo e non so prendere le misure. Mi fisso sui miei calzini, quelli col sottomarino giallo. Dice sempre che sono belli ma chissà se è vero o anche quella è una bugia. 

“Andiamo a letto?”, chiede ed è solo il primo film ma faccio di sì con la testa. Dentro però sono come una mummia, sì, tutta avvoltolata nelle sue bende che non si potrà mai più muovere.

Ci fermiamo sulla porta dello studio, io dormo qui su una brandina, lei nella sua stanza in fondo al corridoio. Mi dà un bacio sulla fronte, buonanotte, dice, io rispondo buonanotte ma le lettere mi sembrano troppo grosse in bocca. Guardo il buio da sotto le coperte. È tutto molto silenzioso qui la notte, non come a casa nostra che si affaccia su una via grande e si sentono macchine che vanno e vengono. Di solito mi addormento subito ma adesso non ci riesco. Lei starà sognando di quando non dovrà più fare l’horror club con me? Questa cosa che non posso sapere cosa c’è dentro la sua testa mi fa arrabbiare. 
Le mattonelle del corridoio sono gelate, cammino piano, come i protagonisti dei film quando entrano nella casa del cattivo e non devono farsi scoprire. E lei forse è anche un po’ cattiva, sennò non mi diceva che le cose cambiano, no? Io non ci credo alle favole, ormai sono grande, però magari lei si sta trasformando e nessuno se ne è accorto tranne me. Ma se è così, come la fermo questa cosa? Attraverso il salotto, entro in cucina. Il primo cassetto si incastra sempre. Le forbici hanno l’impugnatura di plastica rossa anche se adesso col buio sembra grigia. Ripasso attraverso il salotto, la lucina rossa della televisione lampeggia una due tre volte poi sono di nuovo nel corridoio. 
Mi sento che lampeggio un po’ anche io. Flash. Metto la mano sulla maglia. Flash. Abbasso la maniglia. Provo a respirare piano, ma c’è il suo profumo dappertutto. Non ha chiuso la tapparella fino in fondo, entra poca poca luce del lampione fuori, anche se non abbastanza per vedere bene. Metto avanti un piede e poi l’altro, ecco un tappetino, ecco il materasso. Mi fermo. Adesso che sono più vicino sento il suo respiro. Non ho mai dormito nel letto con lei, ora che ci penso non l’ho proprio mai vista dormire. Sarebbe bello accendere la luce, ma non posso. Metto una mano sulla coperta, poi sul cuscino, tiro su l’aria col naso e trattengo il fiato. Prendo un po’ di capelli, non devono essere troppi o se ne accorge. Le forbici sono dure, si aprono con uno scatto. 

Mi infilo sotto le coperte, allungo un braccio e accendo la lampada. Il respiro mi esce veloce. Tengo i capelli davanti alla faccia. Con la luce sono un po’ rossi. Li stringo forte. Nelle storie com’è che funziona: che se hai un amuleto abbastanza potente il sortilegio non funziona, giusto? E questi capelli possono andare come amuleto? Li annuso. Sanno di lei. Annuso ancora perché non voglio scordarmi il suo profumo e una cosa calda e tonda mi si piazza nella pancia e per poco non mi metto a urlare. Forse è il profumo, ma il calore cresce e si allarga e scende anche, giù in mezzo alle gambe. Mi è successo qualche volta ma mai così e non so cosa fare. Mi allargo e mi restringo e brucia anche un po’; me la vedo in testa e non era meglio quando era zia e basta non lei, non altro? Strizzo gli occhi, chiedo all’amuleto di funzionare. 
Prego, sì, ma non come faccio a catechismo, prego davvero.
Poi però nella testa ci sono le sue labbra che fanno quel brutto sorriso, “le cose cambiano” ha detto. E sono arrabbiato e quasi piango e allora mi schiaccio i capelli contro il naso. Se non è zia non vale più niente. Mi infilo la mano nei pantaloni e stringo il caldo che si è fermato lì. Diventa subito troppo troppo troppo e mi sembra di andare a fuoco. E allora capisco: il mio amuleto non funzionerà e lei non non tornerà più a essere zia com’era prima.


A illustrare il racconto: immagine presa dal web