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Spaghetti alla Carbonara pt.1

«Innanzitutto non cacate il cazzo.»
Brando appoggiò virilmente le nocche delle mani sul tavolo di legno.
«La pancetta, il guanciale… Nella carbonara ci va quel che trovi in dispensa.»
«Ora, quello che trovi…»
«Ho detto quello che trovi. Ma secondo te quando hanno fatto la guerra avevano tutta sta roba qua? Che potevano fare gli schizzinosi? Ma che davero?!»
«Sì, però se io in dispensa ho le seppie–
«E fai la carbonara di seppie!»
«’N che senso scusa?»
«Nel senso che soffriggi le seppie, ci sbatti l’uovo e taaac: hai fatto la carbonara di seppie.»
«Sì ma non è una carbonara, son seppie con l’uovo.»
Brando inarcò la schiena e allargò le narici. Guastaldo non lo seguiva come avrebbe voluto e questo lo disturbava. Brando ha la verità, soprattutto sulla carbonara, e la verità non si discute.
«Guastaldo mi indisponi. Non puoi fare anche tu come l’umile Pepin’ che se ne sta lì buono in un angolo senza pretendere di saperne più del sotto?»
«Sotto cosa?»
«Sottoscritto.»
«Mi scusi.»
«Bene.»
«No, intendevo, mi scusi maéstro, e se io nella dispensa avessi i peperoni ce li devo mettere comunque?»
«Innanzitutto sono professore. E poi certo che ce li metti! Soffritto di peperoni, uovo: taac, carbonara di peperoni!»
«Quindi basta che io metta l’uovo in qualunque cosa e ho fatto la carbonara.»
Il maéstro-professor Brando assertivo: «Si capisce».
Guastaldo si prese un tempo per riflettere, ma poi dovette intervenire: «Mi pare una grossa stronzata».
Il volto del grande Chef assunse le tonalità più varie, dal rosso pompeiano all’arancio aragosta, nel vano tentativo di domare la rabbia. Un insuccesso.
«Allora, io avevo chiesto una cosa. Di non cacare il cazzo. E invece di prendere esempio dall’umile Pepin’ qui seduto, hai voluto comunque fare di testa tua. Va bene, va bene. Allora vediamo un po’: in quanti ristoranti hai lavorato tu?»
«Io? Nessuno.»
«Ah nessuno eh? E sentiamo allora, dove hai imparato a cucinare?»
«Mah, qualche libro di ricette… YouTube…»
«ECCOLO LÌ. LÌ LO VOLEVO. LI VOLEVO IL SAPIENTE SPADELLATORE: YOUTUBE.»
«Sì ma maéstro–
«PROFESSORE.»
«Professore mi perdoni, non c’è bisogno di parlare tutto in maiuscolo… È solo che la carbonara tre ingredienti ha, mi pare un po’ strano che basti mettere un uovo per poter chiamare un piatto carbonara.»
«E ALLORA LA CARBONARA DI MARE?»
«Ma quella–
«CHE C’È, NON TI PIACE IL PESCE? E ALLORA LA CARBONARA DI ZUCCHINE?»
«Ecc–
«E LA CARBONARA VEGANA?!?!?»
Sulla carbonara vegana il buon Guastaldo sfiorò sensibilmente il colpo apoplettico.
«PERCHÉ ORA TACI? IMPARASTI IL RISPETTO?»
«Ma perché ora parla in sicilian… Guardi eminenza, mi genufletto e mi prostro. Le chiedo umilmente di illustrarmi la sacra ricetta, giacché questa classe di cucina sulla carbonara infallibile mi è costata anche qualche soldino…».
Gli era costata in realtà cinque anni di sanguinose economie, vale a dire quasi un quarto di rata della Scuola Holden, praticamente un biennio alla Bocconi.
«Va bene,» disse Don Brando tornato di nuovo affabile, «portami gli ingredienti».
Guastaldo con umile passo si diresse alla dispensa e iniziò a rovistare. Con gli occhi incontrò un ingrediente che gli fece spuntare uno strano sorriso. Soddisfatto mise tutto in una busta e tornò al tavolo dallo chef.
«Ecco i suoi ingredienti: pasta, sale, pepe, le uova e… l’arsenico.»
Brando sbiancò.
«Che c’è professore, ho sbagliato qualcosa?»
«No ecco è che l’arsenico–
«Ma la carbonara non basta un uovo e quello che si trova in dispensa?»
Brando deglutì.
«E io in dispensa ho trovato questo.»
La pressione sanguigna di Brando si fece prossima allo zero.
«Non mi vorrà forse dire… CHE NON CONOSCE LA RICETTA DELLA CARBONARA? CHE HA MENTITO?»
«No, no… Mi dia qui.»
Presi gli ingredienti Brando cominciò le operazioni di cottura: fece bollire la pasta, buttò gli spaghetti e alla fine girò l’uovo con l’arsenico. Scolò la pasta e unì gli ingredienti in un piatto di porcellana bianca molto chic.
«Professore, l’assaggio.» incalzò Guastaldo.
Brando con mano tremante strinse la forchetta e prese un generoso boccone. Stupito dilatò le pupille: «Oh, con l’uovo viene bono proprio tutto».
Guastaldo guardò il professore morire soddisfatto, poi si girò verso l’umile Pepin’: «Mezzasega, vammi a prendere gli ingredienti che ti faccio vedere io come si fa la carbonara…»

RICETTA PERVENUTA A NOI DI SPAGHETTI WRITERS PER MANO DI “GUASTALDO DELLA FORCHETTA

Per 4 persone vi serviranno:

  • 320 gr. di spaghetti
  • 150 gr. di guanciale 
  • 70 gr. di pecorino
  • 6 tuorli
  • pepe q.b.

SPIEGONE:

La carbonara non ha un’origine certa e quindi già questo rende difficile standardizzarne la ricetta. Non parliamo di un ragù alla bolognese che ha la ricetta depositata in camera di commercio, parliamo di una variante del pilastro della cucina laziale: la cacio e pepe. Dalle costole della cacio e pepe nascono l’amatriciana e la gricia, e la carbonara non fa altro che inserirsi nel solco di questa tradizione. Come diceva non senza ragione il celebre chef Brando Brandoni, si tratta di piatti della tradizione povera, per cui si partiva dalla base cacio e pepe e di volta in volta si aggiungeva quel che il buon Dio portava in tavola. Se c’era il guanciale bene, se c’era la cipolla ma perché no? e così via. Per cui non cacate il cazzo, fateve ‘na magnata come si deve. Tanto cipolla o non cipolla, pancetta o guanciale, ce sta un’unica verità dietro a questa ricetta: ci vorrà un pomeriggio intero per digerirla.
Ma per non rompere li cojoni a nessuno (ma soprattutto per non farci frantumare i nostri da li professori della cucina del web) spiegheremo una versione abbastanza condivisa.
Via ai fornelli.
Accendete l’acqua per la pasta, come si cuoce la pasta spero di non dovervelo spiegare io.
Affettate il guanciale (il guanciale è meglio ma solo se è di qualità e questo non capita spesso. Per capire se è di qualità il grasso deve essere bianco come i denti di un attore hollywoodiano e avere una bella parte carnosa rossa. Non è lardo, non dev’essere tutto bianco. Bono il lardo però…). Se avete la pancetta usate quella tanto poi ve la mangiate voi, ma che me frega a me.
Cipolla ci va o non ci va? La domanda giusta è: dopo devo scopà o non devo scopà? Se dovete scopà non fate la carbonara perché vi resta tutta sul gozzo, se non dovete scopà fate un po’ cosa vi pare.
Il guanciale tagliatelo a listarelle o a cubetti, non cambia nulla, ma per favore BASTA CON QUESTA STRONZATA DI CARBONIZZARE IL GUANCIALE PER FARLO CROCCANTE. SE VOLETE IL CROCCANTE MANGIATEVI LE PATATINE SAN CARLO.
Il segreto della carbonara è l’unto che rilascia il guanciale, e per farglielo rilasciare deve cuocere per un po’, quindi fiamma bassa.
Le uova. Tuorlo o intero? Personalmente preferisco usare solo i tuorli, ma se vi piace un po’ più frittatosa mettete tutto. Onestamente mi pare un po’ strano che in una ricetta povera come questa si butti via l’albume così a caso, ma forse come dicono i romani, campioni di simpatia-portami-via “co er bianco ce fai je meringhe”. Ahahah, che burloni.
Comunque, un tuorlo a persona più uno per la padella è una buona media di solito. Grattate il pecorino nelle uova e sbattete il todos. Vi verrà una roba densa che si attacca tutta alla frusta o alla forchetta e vi sentirete di aver sbagliato tutto nella vita.
Sicuramente avete sbagliato tutto nella vita, ma se fate come dico, non avrete sbagliato questo piatto almeno: prendete l’unto benedetto dal signore che il guanciale ha sudato e colatelo nell’impasto. Amalgamate e sorridete soddisfatti.
Ora, prendete un po’ di acquina di cottura della pasta che c’è l’amido tattico per far legare tutto bene. Scolate gli spaghetti, saltateli col guanciale e l’unto rimasto. A questo punto A FIAMMA SPENTA butta ill’uovo pecorinato. Se il calore non è sufficiente a sciogliere il composto aiutatevi con la magica acquina di cottura.
Lavorate di polso la padella e saltate tutto il troiaio combinato. Schizzate bene d’uovo i muri della cucina e a quel punto il gioco è fatto per davvero.
Impiattate, ma per favore non fate quella stronzata del nido che non ha nessun senso presentare un piatto di pasta come fosse una copia del Vesuvio pronto a eruttare pezzi di guancia di maiale. Fatelo solo se avete intenzione di vendere i vostri piatti a 100€ l’uno con la scusa delle materie prime a chilometro zero biovegan.
Ok il piatto è fatto, bravi.
Come dite? Manca il pepe? E mettetecelo no?
Quando? E che ve lo devo dire io? Tanto la carbonara vera – ma quella vera che pure i romani se ‘nchinano – la sapete fare meglio voi, no?