Dischi
– La scena del treno in C’era una volta in America mi commuove sempre.
– Quale?
– Quando lei sta partendo, lui va alla stazione, si vedono e lei chiude il finestrino mentre il treno si allontana.
Distoglie lo sguardo, fissa il vuoto. Giocherella col bicchiere.
– È banale vero? – mi chiede.
Sì lo è, penso, ma non voglio sminuirla.
– Non è banale, è un classico.
Ci riflette. Non sembra molto convinta.
– Non so, quel saluto negato è tremendo. Piango sempre. La musica poi è bellissima.
Beve un sorso di birra. Guardo i bicchieri, sono entrambi vuoti. Prendo un’altra bottiglia dal frigo. Chiedo se vuole bere ancora. Annuisce. Le riempio il bicchiere.
– Ma lui l’ha stuprata – dico infine.
– È proprio per quello che è tragico. Per lui è finita, capisci? ha fatto la cosa peggiore possibile, ha fatto del male alla donna che ama. Non c’è possibilità di riscatto. È peggio di un semplice addio.
Ci penso un attimo. Giro la birra nel bicchiere. La schiuma frigge nel silenzio dell’appartamento. Fuori si sta facendo sera. La luce taglia gli edifici di fronte.
Lei abbassa lo sguardo. Svuota il bicchiere in unico sorso. Poi si allunga sul divano come per dormire. Trova spazio per le gambe sulle mie ginocchia. Le osservo i piedi nudi, bianchi e freddi. Glieli accarezzo: sono morbidi e solidi, come cera.
– Hai i piedi freddi – le dico.
Non risponde. Stiamo un po’ in silenzio, senza guardarci, poi trovo il coraggio.
– Io ti ho mai fatto del male?
Continua a non rispondermi, pensosa. In quel modo no, però del male gliel’ho fatto sicuramente. Vorrei chiederle scusa, ma adesso non saprei proprio perché.
– C’è un’altra scena bellissima, quella in Bastardi senza gloria, quando Shosanna muore.
– Quando spara al tedesco innamorato?
– Sì. Anche quella la trovo molto triste.
– Pensi lei corrisponda?
– Credo provi compassione. Spara a una persona che l’ama solo perché tedesca. Sono nemici per sbaglio, a causa della guerra. Ricordo che anche lì piansi al cinema.
– Lui non è solamente tedesco: è nazista.
Tira un sospiro.
– Non esistono buoni e cattivi in amore – risponde.
Adesso non so proprio di cosa stia parlando. Alzo le spalle.
– Forse l’amore mancato è molto più tragico dell’amore perduto.
– Che sciocchezza – dico.
La vedo rabbuiarsi. Non si aspettava una risposta così dura. Cerca di argomentare.
– Gli amori perduti almeno te li sei goduti un po’, no? È il massimo che puoi sperare nella vita, goderti un po’ quello che hai.
– Pensi che tutti gli amori vadano persi?
Adesso mi guarda come fossi un ingenuo.
– Cos’è, una favola? Vissero tutti felici e contenti? Alla fine qualcuno se ne va o muore, sempre.
Non so che rispondere. È una prospettiva così deprimente e vicina alla realtà che mi lascia inerme. Lei mette la testa giù, a occhi chiusi, come se la conversazione fosse conclusa.
Improvvisamente ripenso alle scene del film.
– Le scene che hai detto.
Fa un mugolio di assenso.
– In entrambe c’è Ennio Morricone, sai?
Rizza la testa, sorpresa, sgrana gli occhi.
– Hai ragione!
Ho un’idea. Le faccio cenno di aspettare. Le sposto le gambe e vado allo stereo. Passo in rassegna velocemente i dischi, li spargo sul pavimento, alla fine lo trovo. È un vecchio album di colonne sonore, un’edizione economica, da edicola. Inserisco il disco nello stereo. Non so nemmeno quand’è l’ultima volta che ne ho ascoltato uno, c’è polvere ovunque. Scorro i brani e alla fine parte la musica.
– Cos’è? – fa lei.
– La colonna sonora di Nuovo Cinema Paradiso.
– Oddio, bellissima.
Vado da lei e la tiro per un braccio, le faccio segno di alzarsi. Si trattiene, si rigira nel divano. Alla fine si alza. La musica è avvolgente, copre i rumori della strada. È come se fossimo soli: non solamente in salotto, in generale. Metto via il bicchiere, l’abbraccio. Dondolo un po’, faccio come per ballare ma lei desiste. Mi stringe forte. Ce ne stiamo lì in piedi, mentre Morricone risuona limpido dallo stereo. Il sole adesso è bassissimo, ci illumina i capelli. Sento qualcosa di strano alla spalla, mi accorgo che è bagnata, che lei sta piangendo.
– Ehi, cosa c’è?
Singhiozza un pochino. Tira su col naso.
– Lo sai.
Mi dà un bacio bagnato sulla guancia e rimane lì, tra le mie braccia. È tutto il giorno che beviamo e discutiamo. Adesso sono stanco. Non so più che dire. Finalmente si lascia andare, anche lei inizia a dondolare. Chiudo gli occhi. Giriamo su di noi, lentamente. Penso al finale di Nuovo Cinema Paradiso, la scena dei baci tagliati. Anche lì tanti amori non consumati. Che stupidi, penso.
Dopo un po’ la musica finisce.
Illustrazione di Tiburi Mozes Janosi