Ciao! Siamo gli Spaghettari.

Ci piace scrivere, leggere e i colori vivaci sullo schermo di un computer. Alcuni di noi hanno fatto cose, tipo: David ha pubblicato un romanzo vero (Tutto ciò che poteva rompersi, Accento 2021), Giulio L. – un rampollo della Scuola Holden – fa lo sceneggiatore, Malvo vive di drammaturgia, Nicole pubblica racconti ovunque ed ha vinciuto premi (linktr.ee/nosurprises; quarto posto al premio Zeno 2022, secondo al Mensa in Fabula 2022), e Casio, Giulio I. e Deborah (per inciso, premio L’Avvelenata con ‘Blam’ 2021) scrivono zozzerie in quantità notevole (frncsn.tumblr.com, linktr.ee/giulioiovine e linktr.ee/opera.margot). Questo, lungi dal farci montare la testa, ci stimola vieppiù (!) a cercare le scritture degli altri. Se vuoi pubblicare con noi, sei il benvenuto a provare. Considera che se ci riesci (siamo un po’ cagacazzo, lo ammettiamo) potrebbe portarti fortuna: da Spaghetti Writers sono passati, tanto per buttare lì qualche nome, Mattia Grigolo (La raggia) e Stella Poli (La gioia avvenire).

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  • DAVID VALENTINI
  • David è il Sommo. Il Sommo governa le cose a Roma, a Pisa e recentemente anche a Bologna. È talmente autorevole che l’ultima E del suo nome si è messa paura e non viene più quando David firma. Benevolo fino a prova contraria, romano di nascita e adozione, gode di numerosi soprannomi com’è uso nella sua città: il Re del Pigneto, il Duca di Rebibbia, il Sollievo di Ostiense. Ogni 25 dicembre, assieme alla Somma Consorte, siede sulla tomba di Alberto Moravia e benedice gli scrittori e gli editori medio-piccoli, distribuendo recensioni gentili. Come tutti i romani propriamente detti dai tempi di D’Annunzio, sogna di convocare i Grandi Antichi sulla cima del Vittoriale e lì, da loro assorbito, generare con la Somma un neonato che sarà il Re di Roma.
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  • FRANCESCO CASINI
  • Casio è quella creatura che compare nel vostro soggiorno quando, tornati a casa la sera, accendete la luce. Lui è là. Sorride. Si rolla una sigaretta. Perché è qui? Come ha fatto a entrare? Come fa a conoscervi? E perché ai suoi piedi c’è una valigetta chirurgica? Scherziamo. Non è un assassino. Ma le sue opinioni sulla vostra vita, acute quanto molto dirette, potrebbero darvi angoscia. Erede di Diogene il Cinico, di Iago e di Mefistofele, ride della morale, dell’umanità, e tendenzialmente anche della realtà, che ha in odio. Le donne no. Quelle gli piacciono. Scrive ogni tanto, e se dipendesse da noi scriverebbe di più, questo eroe della Pisa nichilista, questa calza della Befana dove il carbone è vero carbone e le caramelle sanno di carbone. Lo trovate sveglio assieme a Giulio L. nelle notti pisane, tra un calice di vino e una studentessa in trecce e monopattino.
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  • ALESSIA DEL FREO
  • Dice il proverbio: la fija de la sora Camilla, che tutti la vonno e nessuno la pija. Tu l’hai pigliata, Alessia? No? Bè, nemmeno noi. Alessia si fa desiderare. Ripetutamente chiesta in isposa da Giulio I., non ha ancora dato una risposta intelligibile. Quanto si può torturare un bravo giovane? Compare in chat quando si parla di gatti, fa l’editing che le chiedi di fare, poi si eclissa. Che voli nuda e coperta di unguenti su un manico di scopa ogni notte tra Piombino e Ajaccio, è una nostra supposizione non corroborata da prove. Però ammetterete che come immagine ci sta di brutto. Come dire Kiki Delivery Service, ma con l’accento lucchese. Malvagia con i malvagi e leggermente irritabile con i giusti, ad oggi divide il suo tempo tra lettura, lavoro e intense meditazioni sull’esistenza.
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  • FEDERICO MALVALDI
  • Con la scomparsa prematura di Bernard-Marie Koltès, ci voleva un drammaturgo che riuscisse a coniugare la poesia straniante e dolorosa dei nostri tempi con la faccia di chi è arrivato un’ora fa e non ha ben capito. Iddio, nel suo ben noto senso dell’umorismo, ci ha dato il Malvaldi, che fa il drammaturgo e ha rimorchiato mezza Italia con una sola foto sul profilo Tinder. Come tutti i drammaturghi del nostro tempo, Federico lotta contro le forze del capitale, che vorrebbero ridurre la sua professione a un hobby da fare gratis, e allo stesso tempo contro gli attori che non colgono il punto di quello che vuol dire. Ultimamente, fuso dall’amore e da un gattino nuovo che si è preso in casa e gli dorme sul polso, riteniamo che sia un po’ più tranquillo. Produce monologhi, poesie, monologhi in forma di poesia, drammi borghesi alla Ibsen dove tutto si tiene, drammi brechtiani in sedici atti senza alcuna coerenza di caratteri e personaggi. La domenica recita Endgame di Beckett usando il suo micio per interpretare Clov.
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  • GIULIO LEPRI
  • Giulio, come tutti i Giulii, da Giulio Cesare a Giulio I. (altro redattore), è uomo di forti contrasti. Visto da fuori, è un bono da paura. Ma visto da dentro, è un bono da paura. Voi direte: è dov’è il contrasto? Non c’è. Ed è qui che sta il contrasto. Inappuntabile nel vestiario e nel portamento senza essere leccato di bue, coniuga un’apparenza di sicura virilità con due occhioni pieni di profondità e sentimento che, mi duole dirlo, manda in corto circuito nove donne su dieci. Sa dove portarti a mangiare, ma sa anche come vuoi pulite le lenzuola, perché ti ha ascoltato mentre parlavi. La sua narrativa riflette una malinconia di fondo, che ascoltare Lucio Dalla a ripetizione non aiuta, ma costituisce dichiarazione di poetica con sette testimoni, come da diritto romano. È l’unico tra noi che vanti una formazione ufficiale presso la Scuola Holden, assieme a Dawson Leery, Ross Geller e Grace Adler, accanto ai quali è regolarmente comparso in diverse fiction degli anni ’90 – primi duemila.
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  • DEBORAH D'ADDETTA
  • In questa redazione siamo entrati tutti sostanzialmente perché c’era Deborah. Che per noi è Pappa, Pappy, Pappybons e Ti Prego Camminami Sopra Coi Tacchi (da una frase che spesso le rivolgiamo). Tutte le riviste che pubblicano i nostri racconti, d’altra parte, lo fanno solo perché sperano che li mettiamo in buona luce con Deborah. Tutti i likes che prendiamo su FB e Instagram sono per Deborah. Insomma il pianeta su cui viviamo va avanti perché c’è Deborah. La sua scrittura esplora le regioni della penombra, la working class e l’emarginazione. Spesso sbuca una tetta, esibita dal personaggio di turno. L’implacabile tendenza al realismo ci fa pensare che sia a dieci centimetri da un suo personale American Psycho (ambientato nell’amatissima Napoli) e debba semplicemente fare il passo della quaglia nella direzione giusta. Al suo compagno Franz, uomo inesauribile, va tutta la nostra ammirazione e un pizzico d’invidia. A tutti i maschi e diverse donne lelle della litweb che continuano a mandarci proposte oscene da dirigere a lei, ci sentiamo di dire: piantatela. Se è interessata, vi viene a cercare lei.
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  • IAGO MENICHETTI
  • Iago è l’eroe di cui abbiamo bisogno, ma che non ci meritiamo. Meritarsi Iago è difficile, d’altronde, e non ci sentiamo in colpa per essere al di sotto dello standard che servirebbe per avere diritto a uno Iago portatile da mettere nel taschino per ogni volta che siamo tristi. Siamo umani, e più di tanto non possiamo fare. Iago esplora scrivendo le immensità del cuore umano. Però un cuore decente, non il cuore di fango che in redazione tendenzialmente abbiamo. I suoi protagonisti sono padri e figli, mariti e mogli, amici e amiche, ragazzi che si amano; le loro avventure sono le dolcezze e le amarezze della vita quotidiana; il tema di fondo è che volersi bene, se non è proprio inevitabile, è comunque fortemente consigliato. Se siete in dubbio se comprare o meno un fumetto, potete chiedere a lui che lavora nel ramo.
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  • GIULIO IOVINE
  • Ultimo arrivato negli Spaghetti Writers, Giulio ricorda una perturbante cerimonia d’iniziazione dove lui, nudo e bendato, giaceva su una lastra di pietra in un sotterraneo buio e umido, pieno di echi. Attorno a lui, gli altri membri della redazione gli passavano sopra piume di pavone e pennellate di burro, sussurrando in azteco. A parte quest’esperienza che, si può dire, lo ha segnato, tutto ciò che c’è di rilevante da dire su Giulio I. è quello che vedete in foto. C’è del disagio. Dell’angoscia. Dello spavento. Dell’ambizione frustrata, che lo divora dall’interno. A chi sta urlando così? Ad un potenziale assassino, o a una gentile vecchina che gli ha chiesto l’ora? Ma nell’assenza di senso e scopo dell’esistenza, ha ancora senso fare queste distinzioni? Quando l’unica risposta possibile è l’orrore?
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