Categories

Apocalisse

Autore
Francesca Santi
Ciclo #3 - Spaghetti does it better
Erotico
11 febbraio 2021

Rodrigo. Basta il nome a stuzzicarle il basso ventre. Sara se ne riempie la bocca, gode nel pronunciarlo: voluttuosa, se lo arrotola sulla lingua, lo morde e lo assapora quasi fosse una caramella Rossana. Le è persino sfuggito a tavola e ha finto di ridere alla battutaccia di suo padre. «E i Bravi dove li ha lasciati?».
«Non li ha, ma ha una Bravo blu, come i suoi occhi». Sospiro. Sguardo sognante al soffitto. Dell’auto si è pure segnata la targa: suggerimento dell’amica Lorna, che da quando è stata tradita dal suo ragazzo ha scoperto velleità da detective, «Ho fatto delle ricerche: ha una ex su Facebook, La Giuli, come se in tutto l’universo di Giulia ci fosse solo lei!».
Sara la cerca in tempo reale questa fantomatica Giuli e quasi non crede a ciò che vede. «Ha più muscoli di lui. Se questo è il suo tipo come faccio a piacergli?».
«Se gli piacesse tanto starebbero anche insieme. Hai notato che in tutte le foto in cui è con lui c’è l’hashtag Apocalisse? Cosa vorrà dire?».

Sara fantastica su orgasmi apocalittici che le danno la spinta per concludere la terza serie di crunch prima di crollare su una panca della XS Gym. Si accorge che Rodrigo è chino su di lei solo quando le solletica una guancia con un ricciolo biondo sfuggito alla coda. 
«Contrai.» le ordina, premendole una mano sulla pancia.
Ubbidisce. Lui le pizzica un fianco, le fa scivolare la mano lungo la coscia, disegna un arco sul ginocchio e le stringe il polpaccio, annuendo come un fattore orgoglioso del suo manzo da fiera. «Che progressi! Ti meriti una cena in un bel posticino.» dice, «Porta delle candele.», conclude strizzandole l’occhio.

Occhio bistrato, tacco 14 e guêpière sotto un abito in georgette fatto apposta per essere tolto; oltre a una ventina di candele in borsa. Sara è sotto casa con dieci minuti d’anticipo e invia messaggi sull’Apocalisse a Lorna. «È per le dimensioni o per come lo fa… una cosa da fine del mondo, che ti fa gridare: ho visto la luce!».
I fari della Bravo la illuminano, ma l’auto le sfreccia davanti e frena qualche metro più in là. Sara la raggiunge maledicendo i tacchi troppo alti e quando entra in macchina i suoi timpani gemono. Rodrigo le stampa un bacio all’angolo della bocca: nella maglietta attillata, i suoi addominali sembrano sottovuoto. «Non ti avevo mica riconosciuto: dopo volevo farti vedere la mia casa nel bosco, ma sei così in tiro che forse…». 
«Macché! Per me i tacchi sono come scarpe da ginnastica». 
Lui ride e alza ancora il volume. «Li conosci?» le chiede, urlando per sovrastare il frastuono. 
Sara ha passato la giornata a spulciare il suo profilo e si lancia. «Gli Helloween?». 
«I Gamma Ray, somarona! La mia ex ne andava matta». 

Il posticino è una casa del popolo in periferia. Sara pattina sull’olio che unge le piastrelle fino al primo tavolo libero ed erige una barriera col menù di plastica per difendersi dagli sguardi di un gruppo di zoticoni in canotta e infradito. Rodrigo le prende una mano e increspa la fronte. «Ordina quanta roba vuoi, ma non chiedermi di assaggiare la mia. Non la sopportavo la mia ex quando mi svuotava il piatto con la scusa di spilluzzicare». 
Lei annuisce e Rodrigo finge di spararle con pollice e indice a mo’ di pistola. Poco dopo, Sara distoglie lo sguardo dalle sue patatine croccanti, sospirando sul suo merluzzo alla catalana, un nome altisonante per un trancio di pesce bollito cosparso di coriandoli di carote e zucchine. 
«Anche alla mia ex piaceva il pesce». 
Sara risponde con un risolino, ma inizia a contare le volte che Rodrigo cita La Giuli, perdendosi verso la trentina così come trenta sono i chilometri per arrivare alla casa nel bosco, nei meandri di una palude: è una baracca in lamiera che sorge tra l’erba alta come un fungo purulento. Sara affonda coi tacchi nel fango mentre un ramo di mora le graffia una caviglia; inciampa in un sasso celato da una foglia bagnata e cade in una pozza grande quanto l’impronta di un T-Rex… un po’ ci spera che lo sia, e che magari la bestia azzanni Rodrigo proprio mentre è lì che si scompiscia. 
«Mi sa che quei tacchi non sono proprio come scarpe da ginnastica. La mia…».
Sara scatta in piedi in una massa brunastra e colante: «Se mi paragoni ancora alla tua ex, urlo».
Lui abbassa gli occhi, «Che cafone che sono!». 
Basta questo a gonfiarle il cuore di tenerezza. Gli stringe le dita entrando nel buio fitto del tugurio: anche dopo aver acceso le candele c’è un’atmosfera da messa nera eppure in quel momento non le sembra possibile che esista un luogo più ameno. Sara si pulisce alla meglio e scivola fuori dal vestito. Rodrigo l’abbraccia e le immerge il naso nei capelli: il suo inguine preme contro i suoi glutei, ma lei non sente nulla, neppure quando glieli strofina sulla patta. Lui è scosso da un singhiozzo, poi prorompe in pianto. «L’ultima volta ero qui…». 
«Con la tua ex». 
Sara sfila il cellulare dalla borsa, cerca la foto profilo della fantasmagorica Giuli e gli sbatte lo schermo in faccia. «Ma davvero ti struggi tanto per questo The Rock in gonnella?».
Rodrigo alza la testa e non solo. Rabbia e voglia di lui si mescolano in Sara in una vampata travolgente: vorrebbe piantarlo in asso, invece, gli si arrende. Fremente, resta a gambe divaricate in attesa di qualcosa che non arriva, finché uno schizzo le bagna una natica e lui le regala un’epifania, esclamando: «Apocalisse!». 

Foto di Kerensa Pickett su Unsplash