Cocomero
Il piccolo corre attorno al padre. Si allontana, accorcia le distanze, ogni tanto gli sbatte contro, poi gli afferra la manona, si lascia penzolare e trascinare tra i reparti del supermercato. Il padre lo tollera con un grande sorriso benevolo sotto la barba. Quando si ferma di fronte uno scaffale il ragazzino continua a saettargli attorno come una mosca.
-Sta’ buono, sta’ buono.
Quando esagera lo afferra per la maglietta e lo solleva da terra. Gli punta il dito contro e lo minaccia.
-Guarda che passi guai!
Ma il bambino non passa mai guai per mano del padre e dopo poco ricomincia a correre.
Arrivati al reparto ortofrutta il padre si mette a tastare i cocomeri per sceglierne uno. Il bambino fissa le grosse palle zebrate.
-Come fai a capire se è buono?
-Scelgo quello più bello.
-Perché?
-Perché madre natura seleziona così le cose migliori.
-Perché?
-Perché è facile riconoscerle.
-Perché?
-Perché la percezione della bellezza è innata.
-Perché?
Il padre interrompe l’analisi dei cocomeri e tira un sospiro. Si piega sulle ginocchia e mette una grossa mano sulle spalle del bambino.
-Quando vedi una cosa bella cosa provi?
Il bambino riflette. In realtà non ha capito la domanda.
-Una cosa bella ti fa stare bene no?
Il bambino annuisce.
-Una cosa bella ti provoca un senso di piacere, ti seduce.
-Mi seduce?
-Le cose belle si offrono a noi, esistono per essere colte. La frutta colorata e lucente è buona da mangiare. I fiori vivaci e simmetrici attirano le api. I pavoni, gli uccelli che abbiamo visto al parco, si accoppiano tra esemplari più belli. La natura ci fa riconoscere le cose buone con la bellezza.
Il padre torna a toccare i cocomeri ma il bambino ha molte più domande di prima.
-Le cose brutte sono cattive?
-Sì.
-Le cose brutte puzzano?
Il padre ridacchia.
-Sì, le cose brutte puzzano.
-È per questo che la mamma profuma sempre?
Adesso il padre ride fragorosamente richiamando l’attenzione di qualche cliente.
-La mamma è bellissima.
-E io papà sono bello?
-Anche tu sei bellissimo.
-Luca, il mio amico grasso, lui è cattivo?
Il padre prende un grosso cocomero tra le mani, lo guarda soddisfatto poi torna a piegarsi sul figlio.
-Non possiamo scegliere le persone come la frutta.
-Perché?
A quel punto il padre vede passare una donna alta, i fianchi torniti, la pelle lucente. Lei si volta, lo aveva notato da lontano, le spalle grandi, la mascella quadrata, la barba folta. Si sistema una ciocca di capelli sull’orecchio e gli sorride prima di passare oltre.
Finiscono di fare la spesa. Svuotano il carrello sul rullo. Il padre scherza con la cassiera. Poi riempiono nuovamente il carrello stavolta con la spesa imbustata. Ondeggiano fino alla macchina cercando di controllare gli sbandamenti del carrello. Il bambino è particolarmente eccitato perché hanno comprato le sue merendine preferite e non vede l’ora di scartarne una.
Arrivati alla macchina aprono il bagagliaio e iniziano a caricare le buste. Qualche macchina più in là, il padre nota la donna che gli ha sorriso poco prima al reparto frutta. Dice al figlio di aspettarlo in macchina e si allontana col carrello vuoto. Il bambino sale nei sedili posteriori. Vede il padre raggiungere la donna e dirle qualcosa. Lei ride, si copre la bocca. Anche il bambino ride, pensa che suo padre sia divertente. Preferisce fare la spesa assieme a lui piuttosto che alla madre. Sua madre è severa, gli proibisce i dolci, i videogiochi, anche di giocare troppo quando vanno al parco perché suda. Il bambino a volte pensa che il suo genitore preferito sia proprio lui, anche se si vergogna a fare certi pensieri. In cuor suo sente che dovrebbe voler bene a entrambi in egual maniera.
Sbircia al finestrino. Suo padre è sempre là, a parlare con la donna. Si alza in piedi e si allunga oltre lo schienale per raggiungere la spesa nel bagagliaio. Cerca nelle buste la scatola delle sue merendine e la scarta. Sa che non dovrebbe mangiare prima di cena quindi si nasconde e mastica il più in fretta possibile. Nasconde la cartaccia sotto al sedile, riposiziona la scatola nella busta, spingendola bene sul fondo. Torna a sedersi composto e finalmente suo padre torna all’auto.
-Possiamo andare.
La riaccompagna al portone di casa. Si tocca la fede in tasca. Ogni volta che esce con qualcuna se la toglie e ci giocherella. La piccola prova del suo inganno è lì, nascosta nella sua mano. Gli dà sicurezza, rafforza l’idea di avere il controllo.
Racconta di essere scapolo, che il bambino al supermercato era suo nipote, che per vivere viaggia molto. Dice di volersi sistemare, di cercare una donna con cui mettere su famiglia, di sognare serate romantiche davanti al caminetto. Alimenta la bugia che tutto ciò possa dare pace a un uomo. Ogni tanto gli sovviene una canzone di Battisti che recita “rivesto quello che vuoi, sono l’attaccapanni” e la fischietta.
-Ti va di salire?
Lei è sull’uscio, giocherella con le chiavi. Non si aspettava che l’avrebbe fatto salire al primo incontro. Stringe la fede nel pugno, fa un cenno e salgono assieme. Le guarda il culo mentre fanno le scale del vecchio palazzo. Bevono qualche bicchiere di vino sul divano. Lei ha una libreria con più ammennicoli che libri, una gatta, molte piante e un giradischi. Finiscono a parlare di viaggi.
-Sai come baciano gli inuit?
-Strofinando il naso.
-Non è vero.
Le racconta che lui è stato in canada, stati uniti, messico. Il tour prevedeva anche una fermata in alaska dalle popolazioni indigene. Una donna le ha fatto vedere come si baciano veramente.
Le si avvicina, le tocca il mento e la mette di profilo. Poi le affonda il naso nella guancia e tira su col naso. Il rumore di un’aspirapolvere sul tappeto, così baciano gli inuit. Lei scoppia a ridere, è rossa in volto. Lui si fa avanti, questa volta si baciano seriamente. Le afferra i fianchi, le bacia il collo. Entrambi mettono a terra i bicchieri di vino alla cieca. La gatta li osserva impassibile accovacciata sul tappeto dall’altro lato della stanza. Lui scende con le mani lungo la schiena, cerca di infilarsi nelle mutande ma lei sfugge con un movimento dei fianchi. La spinge giù col peso del corpo. Si baciano come adolescenti sdraiati sul divano. Nell’appartamento si sentono solo schiocchi di baci. Lui riesce finalmente a infilarle le mani nei pantaloni, trova il tessuto esile delle mutandine ma lei si divincola nuovamente. A quel punto l’afferra per i capelli e la immobilizza col peso del corpo.
-Che stai facendo?!
Cerca di toglierle brutalmente i jeans mentre la tiene ferma con una mano sulla gola. Lei comincia ad avere paura, le manca il fiato, si agita, gli batte le mani sul petto. Muove le gambe freneticamente ma lui le blocca stringendo le ginocchia. Trova un po’ di fiato per urlare.
-No, Vittorio!
Lui la ignora aumentando la pressione sulla gola. Vittorio non è il suo vero nome. Riesce a sbottonarle i jeans e a tirarli giù con forza. La gatta avvertendo i tonfi ovattati sul divano si rizza in piedi e scappa sotto al tavolo di cucina. Da là sente mugolii di dolore, singhiozzi soffocati. Dopo poco avverte un pianto gutturale e movimenti convulsi. L’adrenalina e l’agitazione nell’aria le risvegliano l’istinto primitivo, le ghiandole salivari si attivano. Si lecca i baffi e va a mangiare alla sua ciotola di croccantini.
-Sono a casa!
La moglie e il bambino sono alla tv. Lui salta giù e corre tra le braccia del padre.
-Papà! È arrivato papà!
Il padre lo solleva e lo fa volteggiare.
-Sei ancora sveglio?!
La madre li guarda sorridendo.
-Com’è andata la cena di lavoro?
Ma il padre continua a giocherellare col figlio.
-Perché è ancora sveglia questa peste?!
-Stavamo guardando Disney+.
-Papà siediti con noi!
-Un attimo, un attimo, papà ha bisogno del bagno.
Porta il figlio al divano e lo lascia tra le braccia della madre. Si dirige in bagno e chiude la porta dietro di sé. Gira la chiave lentamente cercando di non far sentire lo schiocco metallico. Va al lavandino e tira fuori l’uccello. Lo lava velocemente sotto l’acqua corrente con i pantaloni calati sugli stinchi. Vede del sangue defluire nello scarico e decide di insaponarselo più del dovuto. Infine si lava la faccia, i denti e si asciuga la barba.
Torna in salotto sorridendo. Si siede tra la moglie e il figlio. In tv passa Big Hero 6. Hanno già visto quel film centinaia di volte assieme. Bacia la moglie sulla testa, abbraccia il figlio e rimangono lì fino ai titoli di coda. A quel punto il bambino respira pesantemente. Il padre lo solleva e lo porta a letto.
-Andiamo a nanna eroe – gli sussurra all’orecchio.
La madre lo aiuta a spogliarlo, gli infilano il pigiamino. Lo coprono e rimangono a guardarlo soddisfatti. Una volta spenta la luce vanno in cucina. Lui si siede al tavolo, lei si versa un bicchiere di vino. Alla fine il padre rompe il silenzio.
-Ho proprio voglia di cocomero!