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Hamburger e pomodorini

Autore
Giulio Lepri
Ciclo #8 - Spaghetti Asylum
Narrativa Generale
16 dicembre 2021

Proprio come in quella vecchia canzone di De Gregori, Irene abitava al quarto piano da diversi anni ma, a differenza dell’altra Irene, aveva perso il desiderio di guardarsi nello specchio di casa e soprattutto la tranquillità. Da un po’ di tempo esistevano due Irene: una fuori e una dentro le mura domestiche. Se n’era accorta da qualche giorno: non era stato uno shock improvviso, piuttosto una sensazione debole ma persistente, come quando all’interno di un sogno si inizia a percepire il rumore della sveglia. Irene rinasceva ogni volta che il portone si chiudeva alle sue spalle. Il clack della serratura la colpiva d’improvviso come una frustata. Allo stesso modo moriva ogni volta che rientrava. A ucciderla non era un suono, era un’immagine. Ogni volta superava la soglia, si chinava per togliersi le scarpe e quando rialzava la testa la vedeva: al centro del mobile di legno bruno figurava una fotografia, Lei e Francesco, giovani e abbracciati davanti alla Sagrada Familia. Francesco era bello, i capelli neri e ribelli, il sorriso largo e rassicurante; ancora dopo tutti quegli anni poteva sentire la stretta calda di quelle braccia lungo il corpo. 

Quella sera però, tornata dal lavoro, notò qualcosa di diverso nella fotografia: una lunga crepa tagliava in due il vetro della cornice. La crepa era netta ma il vetro non si era scomposto. Irene si tolse il cappotto e velocemente andò in soggiorno. Seduto sul divano spuntava di spalle la chioma leggermente brizzolata di Francesco. Il capo chino suggeriva che stesse guardando qualcosa al computer. Erano due anni ormai che rientrava in casa e lo trovava così: curvo a guardare il PC. Quando gli chiedeva cosa stesse facendo a volte rispondeva che stava guardando delle offerte di lavoro, altre che stava seguendo un corso professionale. Lei sospettava fossero tutte menzogne. Però, nonostante lui le avesse dato la password anni prima, più che altro per guardare Netflix, non aveva mai spiato la sua cronologia.

«Cos’è successo alla foto?»
Francesco si voltò, aveva gli occhi stanchi e la pelle grigia.
«Quale foto?»
«La nostra.»
«Oh» fece lui e tornò a guardare lo schermo del computer.
Irene gli si avvicinò rapidamente: «Oh. Quindi?»
Francesco fece spallucce scocciato: «Ma che ne so… sarà cascata. Che è successo?»
«È successo che si è rotta. Io non ero in casa, sei stato tu.»
«Io? Ma che dici?»
«Eh, dico, se io non c’ero…»
Francesco sbuffò: «Non ho tempo per queste scemenze, ho da fare qui» indicando il computer con ambo le mani.
Irene si fece sfuggire una risata: «Non hai tempo?»

Gli occhi di Francesco si fecero duri, le guance recuperarono un po’ di colore. Da quando aveva perso il lavoro, era diventato più suscettibile, nervoso. Irene lo capiva, ma quella nuova asprezza non faceva bene a nessuno dei due. Chiese scusa velocemente, non voleva ferirlo.

«Vado a prepararela cena.» disse aspramente. 

Faceva sempre così, pensò lei, quando si sentiva ferito nell’orgoglio si metteva a fare subito qualcosa. Spesso ripiegava i maglioni sparsi in giro oppure lavava i piatti o faceva una lavatrice.

«No dai, ci penso io alla cena, tu hai da fare…» gli indicò il pc. 
Francesco ebbe un sussulto, guardò verso il divano: «Oh… già.»

Si rimise a sedere nella solita posizione ricurva. Irene si spostò nell’angolo cottura del soggiorno e si concentrò sul cibo. Qualcosa di semplice, era stanca e non aveva molta voglia. Aprì il frigo e tirò fuori due hamburger. Era il terzo giorno di fila che mangiava hamburger e pomodorini per cena. Prese il coltello dal ceppo e lo usò per aprire la confezione. Per un attimo la sua faccia si rifletté nella lama. Aveva i capelli ricci, non aveva mai sopportato di portarli così, li aveva sempre piastrati: quand’è che aveva smesso?

Strinse forte il coltello nella mano. Sul divano Francesco era sempre in quell’odiosa posizione fetale, la luce delle lampade gli illuminava la testa con precisione. Per la prima volta nella testa di Irene si formò un pensiero: aprire il cranio di suo marito con lo stesso coltello con cui quella settimana aveva preparato hamburger e pomodorini per tre giorni di fila. Le dita fremettero, la presa si fece salda e rabbiosa. L’osso delle nocche sembrò voler bucare la pelle dalla tensione.

Francesco si voltò. «Sono un po’ stanco adesso, credo che finirò dopo». Si alzò lentamente dal divano e guardò sua moglie in piedi che stringeva un grosso coltello nella mano destra. Socchiuse meglio gli occhi: stava tremando.

«Ehi, che succede?»
Irene rispose con un filo di voce: «Non voglio più…NON VOGLIO PIÙ MANGIARE QUESTI CAZZO DI HAMBURGER!». 

Con un urlo tirò il coltello verso il pavimento, la punta della lama si spezzò contro il parquet.
Francesco si avvicinò e fissò il coltello rotto. Se ne rimase lì impalato senza dire niente, senza fare niente, per un tempo che si dilatò in modo esasperante. Infine, finalmente, si chinò per raccoglierlo: «Oh, accidenti, questo è un bel danno.»
Irene respirò affannosamente, il corpo improvvisamente pietrificato dopo quel gesto repentino.

«Questo è acciaio», aggiunse Francesco, «non lo posso riparare, serve un fabbro, anche se mi sembra un po’ eccessivo per un coltello», poi si guardò intorno alla ricerca della punta rotta. 
«Non la ritroveremo tanto facilmente, mi sa. È bene stare attenti a dove mettiamo i piedi finché non salta fuori. Non stare scalza, ok?»

Irene annuì rigida, i muscoli ancora in tensione che non accennavano a sciogliersi.
Francesco le si avvicinò, le diede una lieve carezza e poi la baciò in fronte. Irene era anestetizzata, ogni tocco inutile, lo sentiva ma non reagiva, come un telefono col blocca schermo.

«Ti preparo qualcos’altro non ti preoccupare.»

Irene si svegliò che erano le due di notte. Francesco russava ma non era stato quello a svegliarla. Non aveva mai avuto problemi a dormire anche coi rumori più fastidiosi. Accese la luce del bagno e di nuovo incontrò il suo riflesso nello specchio. Con le dita stirò un po’ le rughe sottili intorno agli occhi. Fece alcune smorfie, come una specie di ginnastica facciale, e si guardò di nuovo. Era bella. Certo, non come Francesco, o meglio, non come era stato bello Francesco, però anche lei non era male. Non era ancora da buttare. I riccioli cadevano disordinati lungo il viso, il colore si era un po’ opacizzato. Guardò meglio e trovò due ciuffi bianchi vicino all’orecchio sinistro che prontamente strappò con le dita. Quel piccolo dolore fu come premere un tasto di accensione. Aprì il secondo cassetto sotto il lavandino e tirò fuori la piastra. Collegò la presa e aspettò che si scaldasse. Poi, un colpo alla volta, spianò ogni piega. Guardò con soddisfazione la nuova Irene allo specchio. Aveva la faccia stanca e appesantita dal tempo, ma qualcosa negli occhi adesso brillava esattamente come nella foto all’ingresso di casa. Sorrise e decise di tornare a letto.

Passando per il soggiorno Irene notò un oggetto incustodito sul divano: il computer di Francesco. Si era ripromessa di non violare mai la privacy del suo compagno. Mai una volta aveva guardato nel suo computer senza permesso, mai una volta aveva fatto cose come chiedere di leggere i messaggi sul cellulare. La fiducia era questo per lei, ed era la base del loro rapporto.

Guardò la porta in fondo alla stanza, quella di camera. Francesco era sveglio? Si era accorto che lei non era più a letto? E se si fosse alzato e l’avesse trovata col suo computer in mano?

Col cuore che martellava decise di trasgredire la loro unica regola e aprì la cronologia internet: un lungo elenco di siti porno andava avanti per mesi. Azzerò il volume delle casse e aprì un indirizzo a caso. Partì un video dozzinale di una ragazza che veniva presa da un ammasso di muscoli senza volto. Anche se sapeva benissimo che quella era tutta finzione, c’era una strana libertà nei suoi movimenti, sembrava davvero godere di quel che stava facendo e ne provò invidia. Mise in pausa il video e ripiegò lo schermo chiudendo il computer senza spegnerlo, dopodiché andò a letto.

Il mattino dopo come sempre si svegliò prima di Francesco. Fece una colazione leggera, si passò un velo di trucco sugli occhi e mise il suo cappotto preferito. Quando Francesco si alzò, prese una tazza dalla credenza e la riempì di caffè.

«Oggi sarà una lunga giornata», disse, e assunse la consueta posizione ricurva nel suo angolo di divano.

Quando aprì il computer trovò il video porno a tutto schermo. Abbassò la parte superiore del pc sperando che Irene non si fosse accorta di nulla e si voltò verso di lei. Stava uscendo per andare a lavoro.

«Ci vediamo stasera?»

Irene pensava avrebbe urlato, o detto chissà che cosa, invece una strana serenità la pervase: «Non credo» disse.

Irene guardò Francesco e per un breve momento un raggio di luce dalla finestra lo colpì di taglio mascherandogli le rughe e attenuando il grigiore della pelle. Era di nuovo bellissimo, come quando lo aveva visto la prima volta, bello quasi quanto la fotografia all’ingresso di casa. Irene fissò tutto nella mente, poi si voltò e uscì di casa di fretta.

Non avrebbe mai più mangiato hamburger e pomodorini.


Illustrazione: Pinterest