Pena di morte
Una stanza bianca.
Un uomo è rannicchiato su una branda spoglia. Un secondo uomo, L’Altro, è in piedi in mezzo alla stanza. Solo una scrivania, sopra la quale stanno dei fogli scarabocchiati e una penna, arredano la claustrofobia dell’abitacolo.
L’UOMO Devi giurarmelo.
L’ALTRO (resta in silenzio)
L’UOMO Fallo.
L’ALTRO (resta in silenzio)
L’UOMO Devi giurarmi che sei reale.
L’ALTRO (resta in silenzio)
L’UOMO Papà. Ti prego.
L’ALTRO Sei andato in bagno?
L’UOMO No.
L’ALTRO Dopo non potrai più farlo.
L’UOMO Non mi scappa, adesso.
L’ALTRO Devi approfittare del tempo che hai.
L’UOMO Posso andarci più tardi.
L’ALTRO Non devi rimandare quello che puoi fare adesso.
L’UOMO Il tempo è solo tempo.
L’ALTRO A volte, più tardi non esiste.
L’UOMO Torna sempre indietro.
Silenzio.
L’ALTRO Hai bisogno di qualcosa?
L’UOMO Sapere se sei reale.
L’ALTRO Sono reale. Sono qui.
L’UOMO Dimostramelo.
L’ALTRO (gli dà uno schiaffo)
L’UOMO Perché mi punisci?
L’ALTRO Per quello che hai fatto.
L’UOMO Non ho fatto nulla. Ti giuro.
L’ALTRO (un altro schiaffo)
L’UOMO (pausa) Mi hai fatto male.
L’ALTRO Il dolore è reale.
L’UOMO Mi punivi per quello che ero. Usavi il dolore. Sì. Usavi la cinghia dei pantaloni. Nella sala da pranzo. Davanti ai tuoi amici. Il dolore era reale. Tu eri reale. Non quello che facevi.
L’ALTRO Cosa facevo?
L’UOMO Devo andare in bagno.
L’ALTRO Ti stai cacando sotto.
L’UOMO No.
L’ALTRO Sento puzzo di merda.
L’UOMO No.
L’ALTRO Sei un vigliacco.
L’UOMO Non ho paura.
L’ALTRO Sei una puttana.
Silenzio.
L’ALTRO Quando eri bambino, detestavo il tuo puzzo di merda. Non sopportavo mettere le mani dentro al tuo pannolino. Per pulirti. Per lavarti. Puzzavi già di quello che saresti diventato.
L’UOMO Io ti volevo bene.
L’ALTRO (gli dà uno schiaffo)
L’UOMO Ti voglio bene.
L’ALTRO (un altro schiaffo)
L’UOMO Cercavo la tua approvazione. Con i tuoi amici. Facevo quello che volevi.
L’ALTRO Hai cinque minuti. Vuoi andare in bagno?
L’UOMO No.
L’ALTRO Puoi farti una sega, se vuoi.
L’UOMO No.
L’ALTRO Puoi pensare a me, mentre lo fai.
Silenzio.
L’UOMO Giurami che sei reale.
L’ALTRO Sono reale.
L’UOMO Giuralo.
L’ALTRO Sono il tuo cazzo di padre.
L’UOMO Sei qui per salvarmi?
L’ALTRO Certo.
L’UOMO Mi porterai via da questo posto?
L’ALTRO Ti porterò in un luogo migliore.
L’UOMO Dove?
L’ALTRO Devi andare in bagno, prima. O ti piscerai sotto. Dopo sarà un problema pulire. Io detesto pulire il piscio. Capita sempre. Puzza. Ti stupra le narici e i polmoni.
L’UOMO Non mi scappa la pipì.
L’ALTRO Fatti una sega. Poi continua a toccarti. Dopo ti scapperà. Piscerai.
L’UOMO Perché mi dici queste cose, papà?
L’ALTRO Ti tocco io. Se vuoi.
L’UOMO Non voglio
L’ALTRO Tiralo fuori. Avanti, piccolo mio. Tira fuori il cazzo. Il tuo pisellino. Vedrai come piscerai.
L’Altro si avvicina. Inizia a cantare una ninnananna. Si siede accanto all’Uomo, lo fa sdraiare sulle proprie gambe continuando la cantilena. Poi gli infila il pollice in bocca. L’uomo inizia a succhiare il pollice.
L’ALTRO Così. Bravo. Succhia.
L’altro gli prende il pene in mano. Lo masturba. L’uomo viene con un gemito. L’altro continua a masturbarlo finché l’Uomo non urina.
L’ALTRO Il mio bravo pargoletto. Il mio tesoro. Bravo. Qui puliscono gli altri. Gli inservienti. Hai evitato una fatica al tuo papà.
L’Altro si alza e prende i fogli sulla scrivania. Legge.
L’ALTRO Hai scritto nuovamente la tua confessione.
L’UOMO Non ho scritto io quelle cose.
L’ALTRO E chi?
L’UOMO Non ho fatto quello che è scritto su quei fogli.
L’ALTRO (leggendo) Ho ucciso mio padre con ventidue colpi. Ho usato una forchetta. Prima l’occhio destro. Poi quello sinistro. Poi il collo. Il petto. L’ho ucciso e dopo sono andato a farmi una sega nel suo letto. L’ho ucciso. Se lo meritava. Mi chiamava puttana. La sua puttana. Ho dovuto farlo. Per non morire io. Per me. E la mamma. (pausa) Non hai scritto che succhiavi il cazzo dei suoi amici. (pausa) Che sei un frocio assassino.
L’Uomo piange sommessamente.
L’ALTRO Il tempo è scaduto. Alzati. Dobbiamo andare.
Silenzio. L’Uomo non si muove.
L’ALTRO Ho detto: alzati.
L’UOMO (pausa) Avevi giurato.
L’ALTRO Io sono reale.
L’UOMO Non sei mio padre.
L’ALTRO No. Ti porterò da lui, però. Il tempo di una scossa. All’inferno potrai ucciderlo di nuovo. Ancora. Ancora. Tutte le volte che vorrai. Laggiù non ci sarà nessun tribunale a condannarti. Potrai essere un assassino. E un frocio. E sarai libero. Felice. (pausa) Qui non servi più a nessuno.
L’UOMO Non voglio andare all’inferno.
L’ALTRO Non devi dirlo a me. Io sono solo il tramite. Il tuo Caronte. Dovevi pensarci prima. Ormai è tardi.
L’UOMO Sono un bravo bambino.
L’ALTRO Un sodomita.
L’UOMO Mamma, ti prego. Diglielo. Diglielo che sono un bravo bambino.
L’ALTRO Un frocio assassino.
L’UOMO (piangendo) Mamma… dove sei? Mamma?
L’Altro si avvicina.
L’ALTRO Sono qui, tesoro mio. Sono io. La tua mamma.
L’UOMO Giurami. Giurami che sei tu, mamma.
L’ALTRO Sono io. Te lo giuro. Vieni. Andiamo di là. Qui è freddo. Mi prenderò cura io di te.
L’Altro prende fra le braccia L’Uomo.
L’UOMO Papà non ci farà più del male. Te lo prometto. Devi fidarti di me. Mamma, devi fidarti. Non ci farà più del male.
L’ALTRO Lo so, tesoro. Lo so. Siamo al sicuro. Adesso.
L’Altro esce dalla stanza bianca con l’Uomo fra le braccia, cantilenando una ninnananna.
Buio.
A illustrare il racconto Sacrificio di Isacco di Caravaggio.