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I buchi bianchi

Autore
Massimo Sconci
Ciclo #6 - Aggiungi quattro posti a tavola
Monologo
29 luglio 2021
Lettura scenica di Marco Fiorentini

Sono passati pochi secondi. È finito. Le 7 e 40 del mattino, gli orologi sono fermi.
Siamo qui, fa caldo, qui fa sempre caldo, e lui è scalzo. Indossa una vecchia canottiera, dei jeans e un paio di calzini sporchi.
Lui è Ahmir. Viveva al quarto piano di un caseggiato per giovani, anziani e quarantenni disoccupati. Le pareti erano in cemento armato. Ci sono casi in cui la parola armato genera sollievo.
È molto importante quando la vicina anziana del piano di sopra perde l’apparecchio acustico e guarda i quiz in TV a tutto volume.
Oppure quando un’esplosione di detriti manda giù il tuo palazzo di fronte e fa esplodere la finestra della tua cucina.
Proprio lì, alla vista di tutti in mezzo alla strada c’era il frigorifero di Ahmir, accartocciato sull’asfalto come una lattina.
Che figuraccia, solo patatine congelate e niente ketchup.

Da quei vicolacci pieni di nebbia si sente il rumore di una sirena all’orizzonte. È un’ambulanza!
“Meno male” – pensa – “almeno in ospedale avranno un tappeto per pregare!”

Dai vetri rotti dell’ambulatorio Ahmir riesce a intravedere le luci della città, di notte era avvolta da un lungo manto luminoso, a macchia di ghepardo, che si accende e si spegne, come le lucette di Natale, finché c’è il buio. Puff. Buonanotte Mondo!


Ahmir è andato a letto sempre più tardi ogni sera, e si è svegliato sempre più presto. Prima di andare a dormire gli raccontano di centomila bambini scuri che sono stufi di stare in tenda, con i mostri bianchi che usano la loro immagine per farsi pubblicità.
In televisione i mostri bianchi dicono che il terrorismo va fermato, che bisogna bombardare.
Ahahahah!! Nel frattempo, altri mostri bianchi, in giacca e cravatta, guardano la tv e ridono al telefono, stanno già dando alle città distrutte i nomi delle loro società: l’esplosione Impregilo, la strage Edimo, la guerra Fininvest.

Mentre Ahmir è lì, noi invece viviamo al sicuro, perché viviamo qui. Tranquilli nelle nostre città!
Ma ultimamente ci sono soltanto spazi brutti, senza espressione e senza nome. Non ci sono più le relazioni e non ci sono più nemmeno le storie.
Lì c’è un nuovo aeroporto con aerei che non volano mai, in quella rotatoria laggiù una macchina sta girando intorno da Gennaio, non riesce più a uscire. Per fortuna si può fare un giro per il centro… commerciale, tutto il resto sono tangenziali e tangenti.
Suo nonno gli diceva sempre che la corruzione è come l’oscurità: più è grande e meno si vede.

Ogni giorno ci sono molte cose che vorremmo chiederci. A volte abbiamo paura che qualcuno potrebbe risponderci che non è tutto frutto della fantasia. Possiamo solo sperare, assieme ad Ahmir, che la risposta ci arrivi nel sonno.
E sperare anche, quando ci sveglieremo, di poter tirare un sospiro di sollievo, perché ci sarà tanto da contemplare avidamente.

Di nuovo buonanotte Mondo!


Anche oggi sveglia presto! Sapete perché la città di Ahmir è così bella? C’è sempre un posto dove andare, perché tutto cambia continuamente. Niente è più come prima. Ogni cosa è cambiata, tutto è stato spostato. Eccetto il suo frigorifero, che è ancora qui spiaccicato sull’asfalto come quella mattina alle 7 e 40. Con tutte le patatine congelate intorno, e senza il ketchup.

Ora siamo ad Aleppo. Sta piovendo, e quando piove le persone possono passeggiare a testa alta con il volto bagnato di lacrime, e oggi viene giù talmente tanto che l’acqua forse laverà via le memorie dai marciapiedi. Quando è così, ad Ahmir piace stare sotto le vecchie case degli altri.
Proprio come in quella notte, alle 7 e 40 del mattino, non si riesce a vedere nulla oltre il ponte Belvedere, non c’è più nemmeno quella grossa nebbia di polvere, è buffo in effetti che la chiamino ancora zona Belvedere. Ma come diceva suo nonno, il bello delle catastrofi è che stimolano l’immaginazione.

E ora, sentite che silenzio assoluto, che tranquillità per queste vie.
Quando è così, Ahmir sente che sta per tornare, eccola che arriva:

“Signora Guerra, lo so che ci sei, dove sei? Dobbiamo parlare!”

Sì! Eccola che arriva, sì ci siamo, Ahmir è pronto:

“Signora Guerra, sei tu?”

No invece. Nessuna risposta. La signora Guerra è fatta così. Non si dichiara fino all’ultimo momento. Ha paura di rivelarsi, quando viene fuori lo fa sempre sotto un altro nome. Ultimamente per nasconderla i mostri bianchi la chiamano: “missione di Pace”.
Praticamente irriconoscibile.

Ultima meta del percorso, ha smesso di piovere ed è l’ora del tramonto, qui, in Siria.
Lui si trova qui perché prima che la storia finisca vuole dire addio a tutte queste pietre.
Loro non possono rispondergli, ma non interrompono il suo racconto. Le pietre sono silenziose e non offendono. Mentre i Siriani sono diventati più duri di tutti quei muri abbattuti, queste pietre a confronto sono molli come la cera, e accolgono sopra di loro il peso degli altri con grande umiltà.

Suo nonno gli diceva sempre “chi è senza fede, scagli la prima pietra.”

In effetti la pietra, che Ahmir ha appena scagliato, ha appena rotto una finestra del palazzo di fronte…ma che importa, tanto non ci abita più nessuno lì.
E comunque diciamocelo, suo nonno era proprio un gran rincoglionito!

E ora ultimo giro di bevute nel bar più bello del Mondo. Le serrande chiudono, il sole se ne è andato. Stanno andando tutti a dormire, la fontana luminosa li saluta, non vanno troppo lontano. Buonanotte Mondo!

E questo è quanto. Per lui il Mondo deve finire così.

Ma questa storia non è sua, è mia. E questo non è il finale che voglio io!

Perché qui davanti a noi c’è un gigantesco, enorme buco bianco. Ma se vado oltre, allora riesco a vedere un Mondo nuovo.
Questo Mondo nuovo non è perfetto, però è bello. Perché è reale, ed è tutto disattento e trascurato, ma di uno splendore secolare.
Nel Mondo Nuovo è tornato tutto com’era prima della Guerra, però tutto è più bello, perché quello che abbiamo perduto, ora lo apprezziamo di più.
Qui le case sono guarite, insieme alle ferite. È guarito quasi tutto.
L’urbanistica non è più devastata, perché i campi militari sono stati abbattuti.
Sono sparite tutte le rotatorie, e sono ricomparsi i semafori. Tutti fissi sul verde.
E i caselli dell’autostrada sono… brutti, come lo sono sempre stati, ma anche la bruttezza ha diritto ai suoi spazi nel Mondo nuovo.
Ci sono di nuovo le scuole, quelle vere, e i bambini non fanno più lezione dentro i container.
Ogni Domenica i bambini giocano nella pubblica Piazza, dove la mattina è tornato il mercato, e quando l’Imam si affaccia sotto le porte della Moschea, i piccioni gli cagano in testa dall’alto. Ma con gioia!
Perché nel Mondo nuovo è tornata la gioia, non c’è più quella cappa di rassegnazione, dolore e sfiga.
Da quelle vie c’è ancora l’odore dei cornetti caldi e del pane fresco, e nel Mondo Nuovo i vicoli odorano di piscio.
Ma è un piscio gioioso, perché di sera i giovani bevono, fanno l’amore, e poi devono fare pipì. E questo dà gioia, c’è vita.
Nel Mondo Nuovo c’è meno disoccupazione, perché ognuno, con gioia, fa il suo lavoro. Gli assessori fanno gli assessori, gli imprenditori fanno gli imprenditori, gli sciacalli fanno gli sciacalli. I ruoli non si confondono più tra di loro. Ma che gioia!
L’appalto per rimuovere i tubi innocenti che sorreggevano gli edifici bombardati è costato al governo più dell’appalto per fissarli. Ma almeno, in tutta questa storia, i tubi sono innocenti. Con gioia!

Qualcuno è fiero di vivere nel Mondo Nuovo perché gioca a calcio, qualcun altro è fiero di viverci perché gioca a rugby. Qualcun altro non è fiero di vivere nel Mondo Nuovo, ma tanto ci vive lo stesso perché altrimenti… dove va? Ma… con gioia!
In città è rifiorita l’arte, perché dalle peggiori tragedie fiorisce sempre la migliore creatività, e il vecchio Cinema ha riaperto. Ma il direttore ha giurato di non mettere più in programmazione film bellici!
L’aria di montagna è fresca e imbiancata, e i lupi dormono con gioia insieme alle pecore, anche se le pecore riposeranno ben poco.
Nel Mondo Nuovo a volte ci si sente isolati da tutto il resto, ma non si è mai da soli. Perché tutto è parte di una comunità, di un nuovo popolo delle carriole senza più bisogno di carriole. E dalle cornici delle Montagne si può scorgere il mondo. Ed è gioia!
Nel Mondo Nuovo, il frigorifero accartocciato sotto casa di Ahmir, si ricompone, e vola. Vola su fino al terzo piano da dove era caduto cinque anni fa. Così, volando. Insieme alle patatine congelate. E forse stavolta c’è anche il ketchup!

Il Mondo Nuovo è come un gigantesco tuffo nel passato, dove niente è stato spostato e nulla è cambiato, dove come al solito i posti dove andare sono sempre gli stessi, e dove lui ora si trova qui, nella pubblica Piazza.
L’acqua è tornata a scorrere dalla fontana luminosa, e davanti a lui, dopo tanti anni, è ancora affisso un grosso striscione che appartiene al presente:

“Se un sogno ha così tanti ostacoli, significa che è quello giusto.”


A illustrare il monologo, Girl with balloon di Banksy.
Per saperne di più sulla campagna #WithSyria cliccare qui.

Il testo pubblicato è risultato vincitore della call drammaturgia Monologhi senza fiato.