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L’adolescenza di Alice Cascherina

Autore
Mattia Grigolo
Ciclo #6 - Aggiungi quattro posti a tavola
Narrativa
22 luglio 2021

Babette urla alla madre che il costume intero non lo vuole mettere e le sventola davanti un bikini verde fluo. Lo fa girare sopra la testa come un lazo, le piccole coppe triangolari si gonfiano generando un rumore tipo pale del ventilatore. Poi qualcosa di molto pesante cade sul balcone. Il soggiorno vibra.

– Ma tu lo sai cosa significa Babette? – le chiede Jaco una settimana prima.
Lei sta pensando che il mare sembra infinito, eppure non lo si può bere. È un peccato. La gravità tiene l’acqua schiacciata sulla terra. Senza quella il mare se ne andrebbe in giro per l’Universo.
Guarda l’amico, alza le spalle, incurva le labbra.
– Balbuziente, incapace di parlare – dice lui.
– Ma smettila.
– L’ho letto su internet.
Le casse del bar della spiaggia cantano: … stile balneare, con il salvagente per paura di affogare.
Babette guarda le onde alzarsi e infrangersi sul bagnasciuga, come palpebre che si chiudono su bambini, caviglie, cellulite, un pattino. Il mare è un occhio che risucchia, pensa lei.
– Significa anche barbaro, straniero.
– La vuoi piantare?

Un’estate al mare, voglia di remare, fare il bagno al largo, per vedere gli ombrelloni oni oni.
– Ma trasmettono sempre la stessa canzone? – chiede Babette il giorno dopo, seduta allo stesso tavolo insieme all’amico. Il bagnino arriva a petto nudo con il fischietto rosso assicurato al collo, un tatuaggio tribale legato intorno al bicipite.
– Perché è un tormentone one one – dice Jaco.
– Sembra una canzone vecchia.
– Lo è. Non eravamo nemmeno nati.
Il bagnino si siede con loro e sorride, le gambe larghe, i peli biondi, i capelli castani.
– Sono minorenne – gli dice Babette.
Il bagnino si alza e se ne va.

Al tramonto è seduta sulla riva, l’onda viene ma non la raggiunge mai. Se ne sono andati tutti tranne il sole e il ragazzo con il fischietto, che tira il rastrello sulla sabbia, ma le sta alla larga.
Il mare è quieto, stanco di venire e andare. È il suo destino non fermarsi. Un vero peccato. Babette s’incanta sui riflessi dorati che dondolano come fogli di carta mentre cadono dall’alto. Appoggia un dito sull’orizzonte e prova a piegarlo. Una medusa, sotto il pelo dell’acqua, attende il suo turno.

Sua madre le dice che significa Barbara, ma in un altro modo.
– Barbara come barbaro?
– No, al femminile.
– È un nome offensivo.
– È un nome molto bello.
– Barbara?
– No, Babette – dice la madre e le accarezza una guancia, sporgendosi su di lei, coprendola di ombre ma accendendola con il sorriso.

Il mattino dopo Jaco dice che all’alba hanno trovato due tonni su una spiaggia a ponente.
– Spiaggiati? – chiede Babette.
– No, proprio sulla spiaggia, a trenta metri dalla riva, in mezzo alle sdraio.
– E come ci sono arrivati?
– Forse ce li ha portati qualcuno.
– Cosa significa harmonizer? – chiede Babette.
– In che senso?
– Lo dice in quella canzone: per regalo voglio un harmonizer.
– Aspetta che lo cerco – Jaco digita sul cellulare. – È una specie di tastiera – dice poi.

Sul giornale c’è una foto dei tonni sulla spiaggia, sulla spiaggia c’è un secchiello rovesciato, sotto il secchiello non c’è nessuna forma. La sabbia è bagnata fino all’ultima fila di ombrelloni.
– Ha piovuto stanotte? – chiede Babette.
– Direi di no – risponde Jaco. Ha questi occhi azzurri azzurri che sembrano di vetro.
– La spiaggia è completamente bagnata.
Jaco volta lo schermo del cellulare e mostra la foto aerea di un banco di pesci che dovrebbero essere nell’acqua oppure su un peschereccio e invece ricoprono una porzione enorme di spiaggia. Ci sono pesci sulle sdraio, pesci sui tetti delle cabine allineate e sulle auto parcheggiate sul lungomare.
– L’hanno scattata stamattina al Lido di Camaiore.
– Qualcuno si sta divertendo – dice Babette.
– Qualcosa.

Indossa un vestito di lino, lungo alle caviglie, la coda di cavallo scende sulla nuca, lambisce la schiena e oscilla come un pendolo mentre passeggiano nel centro storico, risplendente di luminarie accese. Sua madre la precede, con una mano regge un cono spumoso, l’altra è poggiata sulla spalla di Jaco. Chiacchierano e ridono.
Una giostra suona canzoni dance, gira di luci e cavalli, elicotteri, velieri, un’auto da corsa e un bruco sorridente. Un coniglio di pezza, impiccato a una corda, inganna i bambini che si sporgono per acciuffarlo. Padri li incitano, madri fumano Slim.
Dall’interno di un bar, l’audio di una telecronaca sportiva, da un altro invece: … quest’estate ce ne andremo al mare per le vacanzeeeeee.
Babette vede ragazzi della sua età prepararsi per la nottata: le camicie sbottonate, i sandali alla schiava, i cocktail da passeggio, le fette di lime.
– Vuoi andare da qualche parte con Jaco? – chiede sua madre.
– Andare dove?
– A ballare?
– Non vado a ballare.
– Con Jaco ci puoi andare.
Incontra il bagnino in borghese, una maglietta bianca, dei bermuda neri. Incrociano lo sguardo mentre si sfiorano. Lei dice alla madre che va a fare un giro e lo segue.
La madre guarda Jaco, Jaco è incollato al cellulare.
Il bagnino arriva fino sul lungomare, entra nell’oscurità della spiaggia.
Dopo qualche minuto entra anche lei.
Si sente il mare respirare. La luna si specchia, ma specchiandosi si spalma.
– Attenta a te!
Babette si piega sulle ginocchia, spaventata. Il bagnino ride, lei impreca, lui dice scusa, ok scusa.
– Che fai, mi segui? – chiede poi lui gentile.
– Non ti vai a divertire con i tuoi amici?
– Sono venuto a controllare se cade qualcosa.
– Dove?
– Nel cielo oppure dal mare.
Babette allarga le braccia arresa.
– Vieni con me – dice lui.

Afferra due sdraio della prima fila e le trascina a un metro dal bagnasciuga. Le apre e la invita a sedersi.
– La sai la storiella di Alice che casca in mare?
– No.
– È una bella storia, un giorno te la racconto.
– Ok.
– Come ti chiami?
– Babette.
– È un bellissimo nome.
– Significa balbuziente, che non sa parlare.
– Davvero?
– Sì, anche barbaro e straniero.
– Sul serio sei minorenne?
– Un po’.
Lui ride.
– Tu come ti chiami?

Un vecchio pescatore dice che è piovuto salato. Quelli che lo ascoltano ridono e gli dicono ma va là.
Jaco lo indica e poi si volta verso l’amica.
– Hai sentito cos’ha detto?
– Che è piovuto salato.
– Ti sembra normale?
– Non saprei.
Jaco scuote la testa, digita sul cellulare, poi si blocca e lo butta sul tavolino.
– Che ti prende? – chiede Babette.
– I tonni sulla spiaggia, il banco di pesci sulle macchine, la pioggia salata. Vuoi sapere che mi prende?
– Non capisco.
– Che cosa gli prende al mare!
Babette pensa a ciò che le ha detto il bagnino la sera prima: sono venuto a controllare se cade qualcosa nel cielo oppure dal mare.

Alla sera la madre le dice che le ha preso un regalo. Le mette tra le braccia un sacchetto da boutique. Babette lo apre e dentro ci trova un costume intero, nero.
– Non lo voglio, ce li ho già i costumi.
– L’ho pagato un sacco di soldi.
Allora lei si alza, apre l’armadio, estrae i costumi e li getta dietro le spalle, senza voltarsi, contandoli.
– Uno, due, tre.
– Non hai costumi interi.
Babette si volta furiosa.
– Non lo voglio un costume intero!
Uno scoppio. Qualcosa fa vibrare il pavimento e le pareti. Il lampadario oscilla.
– Gesù mio, il terremoto!
– Mamma, guarda! – Babette indica la porta finestra.
È un delfino, sul balcone, respira ancora. Apre e chiude il muso cilindrico, i piccoli denti sembrano cercare un appiglio. La pinna caudale poggiata allo stendino. I vasi rovesciati.
Allora Babette capisce e corre fuori di casa, mentre il mare lotta contro il suo destino.

Corre e più si avvicina alla spiaggia più si sente leggera. Il peso perde di concentrazione, il corpo di consistenza e, una volta arrivata nella sabbia, si deve reggere agli ombrelloni piantati, mentre le sdraio si alzano e volteggiano come origami di cartoncino bianco–verde. Attraverso i fasci di luce delle torce di quelli che sono arrivati per paura o per adorazione, vede un bambino, è un palloncino gonfiato a elio che tiene per mano la madre. Dice aiuto, vola via, mio figlio vola via!
Vede il mare piovere verso le nuvole, è un acquazzone, una tempesta che svuota, asciuga invece di bagnare, vede un suo amico perdere l’aderenza sulle cose, vede un ragazzo–bagnino salire su una canoa a noleggio, urlare Achab! mentre il cielo se lo prende.
Così Babette molla la presa e si lascia andare, vibra come un aquilone che cerca il vento e poi sale, insieme al mare, alle meduse disegnate dalle stelle, un palloncino che grida mamma mamma, un vecchio pescatore aggrappato alla sua rete, una canoa corre e insegue una balena che può volare, ora sì, nel vortice della gravità che muore.
Babette nuota a dorso, nell’aria e nella pioggia salata, raggiunge il ragazzo attaccato al suo remo, sfiorano il mastodontico cetaceo, leggero come le cose belle.
– Ciao Alice – dice lui.
E si prendono per mano mentre salgono, e salendo forse esploderanno come una supernova e allora guardano di sotto, la città secca, orfana dell’infinito e lei sembra sentire, lontano, dove ormai non può più arrivare, l’eco di un tormentone estivo:

Sopra i ponti delle autostrade
C’è qualcuno fermo che ci saluta


Foto di Mattia Grigolo