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Il primo goal di Ronaldo

Autore
Federico Malvaldi
Drammaturgia
Monologo teatrale
22 ottobre 2020

Suoni d’ospedale.
Il figlio sistema le coperte e il cuscino di un letto di ospedale.

Papà, vuoi fare più piano? Non puoi urlare così forte, lo capisci? Ci stanno altre persone con te. Nella stanza, fuori dalla stanza, nei corridoi. Ci stanno altre persone ovunque e tu le disturbi con tutto questo urlare. Lo so che ti fa male, ma un po’ di dignità, un po’ di amor proprio… (pausa) Ascolta, credi a me, tra poco non ti sentirà più nulla. Stiamocene qui sereni. Parliamo un po’, ti racconto qualcosa… Ma sì, perché sei in punto di morte ed è un sacco di tempo che non parliamo più. (pausa) Perché? Eh, perché… perché ho avuto altro da fare. (pausa breve) Ma le cose di tutti i giorni: mangiare, lavorare, fare l’amore… Eh, lo so che tu morivi, ma ci stavi mettendo troppo tempo e io, nel frattempo, dovevo provare a vivere. (pausa) Forse ci ho provato troppo. Mi dispiace. Scusa.

Silenzio.

Ora mi siedo qui e parliamo un po’. Così. Stai calmo. Bravo. Parliamo un po’.

Silenzio.

Come va?

Silenzio.

Hai freddo?

Silenzio.

Oggi era una bella giornata. C’era un gran sole… non faceva freddo. Tu hai freddo? Ti copro un po’?

Silenzio.

Così, ecco. Sono venuti tutti, lo sai? Stanno giù, ai distributori automatici. Kevin ha finito i KitKat e Luisa la Coca Zero. Pensa che non ingrassa con quella, ma se sapesse cosa ci sta dentro… Starebbero qui, ma non si può stare tutti qui. Te lo immagini? Venti persone nel reparto di nefrologia. Ai matti, proprio…

Silenzio.

Anche la mamma è giù. È andata a fumare, tanto per cambiare. Mi ha sgridato perché le ho detto: fumi troppo. E lei giustamente mi ha detto: non mi rompere i coglioni. Credo si sia arrabbiata perché prima, quando te ne stavi uscendo di testa per il dolore, hai nominato Maria. Certo che lasciatelo dire… Quando sei in punto di morte, non nominare la tua ex moglie. Io lo capisco che stai male, ma povera mamma. Che già due anni fa c’è stata la lettera di quella svedese… Non voglio sapere nulla, non mi interessa, però insomma… certe cose non vanno dette. Lo sai. Me lo hai insegnato tu, no? Non vanno dette. (pausa) Ma io non ho imparato nulla, comunque. Ho detto a Luisa che la amo. E lei mi ha risposto: e cosa vuoi, adesso? Un figlio e un cane? E io le ho detto che sì, voglio un figlio e un cane. Chissà come mi è venuto di dirle di sì. Neppure so se le piacciono i cani. (pausa) Ti piacerebbe, sai? Ti piacerebbe ma tu non hai avuto l’accortezza di conoscerla. È come tutte le cose che farò, quelle che diventerò… come te le dico? Ti mando un fax? Si può mandare un fax in paradiso? Sì, lo so, sono un po’ egocentrico. Penso solo a me stesso, penso solo a quello che non potrò io e non a quello che non potrai tu. Ma quello che vorrei dirti stasera è che… è che… non ha importanza.

Silenzio.

Papà! Oh! Sei sveglio? Non dormire. Abbiamo poco tempo per stare insieme. Tieni gli occhi aperti. Un altro po’. Morire è una cosa importante, non lo puoi fare così. Non è che chiudi gli occhi e muori. Devi avere pazienza… con calma. Goditi il momento, distendi i tendini. Ci sono io qui con te, non avere fretta. Parliamo un po’. Di cosa vuoi parlare? Hai fame? Vuoi bere un po’ d’acqua? Hai paura? Guarda che avere paura non serve a nulla. Abbiamo tempo… abbiamo ancora un sacco tempo. Un secondo, dieci minuti… il tempo è solo tempo. Godiamocelo, no? Tu e io. Tieni gli occhi aperti. Parliamo un altro po’. Va bene che non devi urlare, ma stare così zitto non ti fa bene. Il silenzio in certi casi non fa bene.

Silenzio.

La Juventus ha comprato Ronaldo, lo sapevi? Quest’anno la Champions League la vinciamo davvero. Lui è forte, è davvero forte… Ma noi cosa abbiamo fatto nel ‘96? Quando la Juventus ha vinto la coppa nel ‘96 abbiamo festeggiato, abbiamo urlato… cosa abbiamo fatto? Ci siamo abbracciati? Io ti ho mai abbracciato? Papà, tieni gli occhi aperti, dai. È importante questa domanda, mi devi rispondere: io ti ho mai abbracciato? Perché io non me lo ricordo. Non mi ricordo se ti ho mai abbracciato. Potrei abbracciarti adesso, così risolviamo il problema, ci togliamo ogni dubbio. Ti abbraccio adesso così poi so la risposta giusta: ti ho abbracciato. Allora ci provo. Mi alzo, mi avvicino e ti abbraccio. Mi alzo, mi avvicino… è sicuramente la prima volta che ci provo perché non so come si fa. Non so da dove si inizia, da quale angolazione! Io non so come ti devo abbracciare. Che poi c’è questo odore forte… l’odore dell’ospedale… l’odore di questo cazzo di posto. Non lo sopporto. Tu lo sopporti? Io non lo sopporto. Mi entra nel naso, mi si attacca addosso proprio. Papà tieni gli occhi aperti, non li chiudere. Dammi un attimo, me lo puoi dare un attimo? Voglio fare questa cosa, è importante. Lo so che la potevo fare prima, ma ci ho pensato adesso, va bene? Ci ho pensato adesso e adesso la voglio fare. Papà! Mi senti? Puoi aspettare un attimo? Che fretta hai? La morte è una cosa da nulla, è una cazzata, è una grandissima cazzata. Che fretta hai? Non devi morire per forza adesso, puoi farlo domani, fra qualche giorno. Lo puoi decidere, papà. Ti prego, ti prego! Devo dirti ancora un sacco di cose. Devi chiedere scusa a mamma per Maria, devo presentarti Luisa, Kevin ha finito i KitKat e se muori adesso non fanno in tempo a rifornire la macchinetta. Papà. Puttana la miseria, Ronaldo non ha ancora segnato il suo primo goal, apri gli occhi, papà! Apri quei cazzo di occhi!

Silenzio.

Non si muore mai domani, si muore sempre oggi. (pausa) Non ho mai provato ad abbracciarlo. Non ci sono mai riuscito. Quando mio padre è morto ero lì… in quella stanza d’ospedale dove anche le macchine, ormai, se ne stavano zitte… E l’ho visto. Quel momento, l’ho visto. Lui è rimasto lì, immobile, senza sguardo. Una lacrima gli è scesa dall’occhio sinistro – socialista fino alla fine, papà – e sembrava… sembrava quasi che si fosse addormentato. Banalmente. È rimasto lì e io sono rimasto lì. Non ho detto niente, non l’ho abbracciato. Ho solo pensato che avrei voluto fare di più per lui… ma non ne ho mai avuto il coraggio. No.

Silenzio. Il figlio si infila nel letto del padre.
Buio
.


Immagine usata da Hystrio Trimestrale di teatro e spettacolo per illustrare il monologo