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Pifferi a strapiombo

Autore
Federico Dilirio
Ciclo #14 - E vissero tutti spaghetti e contenti
Narrativa generale
15 giugno 2023

 Nonnina, fermati! Maledizione, non posso correrti appresso per tutta la città.
Non ho intenzione di fermarmi, scellerata, se prima non posi il coltellaccio.
Va bene, vecchia, va bene. Che palle, mi è costato un botto. Mesi e mesi di paghette. Ecco fatto, guarda come si eclissa il machete nel torrente. 
Bene. Ti sei calmata? Mani dietro la zucca e faccia a terra. Torniamo a casa ora. Eccoci qui. Da brava, subito sotto le lenzuola che è tardi. Aspetta silente e senza demolire le gonadi l’arrivo della genitrice, serrando gli occhi da ranocchia.
Nonna, ma nonna, sussurrami invero la storia del Grande Azzeramento, quello che capitò quando eri una glabra mentecatta. Voglio sentirla, ancora e ancora.
Te l’ho raccontata nemmeno due acetoni fa, non provi tu dunque vergogna?
Ti prego, diversamente non dormo e voglia mi vien di scassarti lo grugno.
La nonna, che avrebbe il gran desìo di strozzar la nipote con le lenzuola fetide, si intenerisce, e visto che la figlia, conosciuta dalla piccola anche come la madre, deambula ogni sera per strappare un po’ di gaiezza alla vita miserrima, racconta la storia ben nota a tutte.
Principiò un venerdì. All’epoca il venerdì era un giorno satollo. Finiva la settimana da schiavi e la gente correva a imbriacarsi. A mangiar fuori, a ballare in qualche caso. Questo prima che tutti i ristoranti implodessero.
Nonna, non anticipare i tempi però. Procedi con calma e in fila longobarda, stolida befana.
Taci, nutria. Dicevo che iniziò il venerdì, ma nessuno se ne accorse, né quel giorno, né il resto del weekend. Dove hai imparato quella parolaccia, stolida? Già da domenica, la voce rimpallava da un social all’altro, da un papiro su WhatsApp a una chat di Telegram, e pure su quella vaccata di Messenger. Timidamente, a dire il vero, qualcuna stava già ingollando la foglia.
Nonna, ma quindi ci pascolavano anche i vegani lì intorno?
Muta statti, screanzata striminzita, e lasciami proferire. La settimana successiva, per essere precisi nei primi tre giorni, tutte si accorsero (anche chi, come me, non era poi così social) della novazione: gli uomini avevano smesso di porre like e cuoricini alle foto delle femmine. Finiti erano i commenti pecorecci, i ti amo sotto foto in bikini a Cortina; le allupate risposte a culi di fuori, ornati da versi di Achmatova o Merini, svanite. Niente più inchini o sbrinciate. Niente più mille mipiace sotto un reel con bocce al vento della sera, mentre ci si esibiva in un burpee o suggendo una carbonara. Continuavano, le illuse, a mettere foto sorridenti a mezze chiappe, in pasto a storie di Facebook e Instagram, negli stati WhatsApp, nei profili Tinder, ma non vi erano che pochi like e commenti divertiti di altre femmine, per lo più cofane che non raccattavano un adoro nemmanco pria. Non fu agevole, sai? Le belle erano abituate a postare e vedere duecento o trecento milioni di pollicioni in meno di dieci secondi. Trovarsi quattro ironici ditalini, messi da qualche iena ridens, fu annientante. Si pensò a un problema di algoritmo. Allora le bonazze, quelle che non scolarono arsenico a profusione, si infuriarono, postando JPG sempre più osé. Complice la policy dei social, furono offuscate, ma si fondò un movimento violento di protesta negli USA e a Paris. Esigevamo la liberté, l’égalité e la fraternité, di fare con il corpo quel che si volée, offrirci ovverosia dalle tonsille alla cervice, dai talloni finanche alla glottide.
Sei passata al noi, megera? Allora, tu quoque…?!
Gradirei non essere interrotta, mignatta. Alla fine vincemmo, grazie alla suprema corte. E cominciammo a mostrarle tutte ignude e cosparse di melassa, le bocias, false o vere, non c’era differenza; la nostra brugola, brulla o cespugliosa, comparve in tutta la sua magnificenza sui reel e nei link in bio. Ma niente: gli appennini di like e cuoricini, di cui le più hot erano drogate, non più si palesarono. Dopo qualche mese, e il crollo in borsa di Facebook, Instagram e di tutti gli altri social, la maggior parte degli ominidi cominciò a non andare nemmanco più a lavorare. Impiegati e camionisti, operai e terrapiattisti, pure qualche odontotecnico, fu reflusso ampio e non troppo organizzato. Se ne fregavano, mica andavano in piazza a protestare, no, non andavano a lavorare e basta. Lì cominciò il vero casotto. Perché anche chi li avrebbe dovuti licenziare non andava a lavorare. Chi versava lo stipendio non andava a lavorare. E il mondo non era meccanizzato, come avrebbe voluto il globalista patriarcato, che non aveva bisogno di sgobbare. All’inizio le mogli e le figlie si infuriarono, poi in massa si assunsero massaie, che per un motivo o per un altro a casa se ne stavano. Sai, era allora una società becera e machista. Solo che non bastavan, le cameriste. Si provò a far intervenire la madama, ma c’erano solo poliziotte e poco si menava. Gli uomini smisero di comprare vestiti e quelli che avevano non li lavavano. Smisero di comprare vetture, a che gli servivano? E come ho detto già, i ristoranti furono lesti a scomparire. Per fortuna, non se ne poteva più di rampognar il timballo in padella o dei piccioni con vitello e mirtilli.
Vecchia sdentata, non saltare la parte del calcio, quella me gusta mucho.
Ci stavo arrivando, pelandrona. I maschi smisero di andare a vedere le partite di pallone, dove ventidue trogloditi inseguivano una sfera fatta a stracci, condotti da quattro o cinque registi, chiamati arbitri cornuti, che facevano in modo che la partita, spacciata per vera, ma già a tavolino concordata da facoltosi presidenti e malavitosi pescatori, potesse concludersi con il risultato contemplato, senza sembrar troppo farlocca. Per una questione di scommesse, pure quelle pilotate. Il pallone era fonte di guadagno e un modo per mantenere rincoglioniti i pisellini. Nel dizionario di nonna c’è ben scritto che la parola tifoso è anagramma di fetuso.
Non sono sicura di aver capito una cosa, brontosaura. Erano uomini sia i tifosi che i pallonari, no? Perché non smisero anche i pallonari, allora?
Amore della nonna, si pensa che il Grande Risveglio avvenne nei masculi che lavoravano per vivere, appunto. Gente che faceva mestieri veri, gente che si guadagnava la pagnotta, che non aveva una casa al mare, una Porsche o un barboncino. Gente che se gli arrivava una cartella esattoriale si buttava sotto un vagone pendolare. E non in quelli che i soldi li succhiavano, come gli zotici scarponi. Che quando il business crollò si suicidarono in massa, incapaci di fare altro o di adeguarsi a uno stile di vita più misero.
E i politici, simpatica babbiona?
I politici non si svegliarono mai. Si dovette suicidarli, quando la maggior parte dei maschi smise di andare a votare. La vetusta democrazia era crollata. E le sole donne non riuscirono a tenerla in piedi. Si optò, saggiamente, per un altro sistema di governo. Quello che abbiamo anche ora, pulce pulciosa, e con il quale sembra che le cose siano benandanti.
Non mi hai mai spiegato, dentiera marcia, perché i grandi maschi opulenti, che non erano cambiati, non furono contenti di tutto questo mutamento. Insomma, avevano tutte le donne per i loro denudamenti.
Sì, ma anche la loro ricchezza fu messa in discussione. Devi sapere che i tiranni occupavano posti importanti, ma quando la maggior parte dei cromagnonoidi smise di lavorare, tanti imperi monetari deflagrarono. Ti ripeto, stupidina, che prima dell’Azzeramento era la società preda di vetusti pallidi bavosi, te lo vuoi mettere in quella tua pelata micragnosa?
Nonna, ho confusione. C’è differenza tra Azzeramento e Risveglio in questa canzone?
Prima ci fu il Risveglio, poi l’Azzeramento, sciocchina. Sorsero nuovi imperi, guidati da guerriere tatuate, che assumevano solo grandi labbra, ché ormai si era capito esser più fidate. Ci furono sollevazioni, processi a magnati che solo vent’anni prima erano inopinati. Si aprirono dibattimenti epocali, si riuscì a mandare in galera i corrotti, gli speculatori, i papponi dell’alta finanza. Fu la nascita del potere vaginale. E la tanto agognata fine del testicolo. Potevamo andare in giro ignude e nessuno ci cacava, neanche di notte. Potevi caracollare solitaria e vedere questi barboni addormentati, dentro i loro sacchi a pelo: pacifici, ebeti, serafici.
Ma nessuno si innamorava più di voi? Nessuno vi faceva la corte o vi invitava a uscire?
No, cara la mia vescicola, per quello i ristoranti fallirono. E finirono i programmi TV sul cucinare. Erano gentili, i maschi, ma niente più. Stavano bene da soli. Li vedevi ammassarsi vicino al mare o nei parchi naturali. Alle volte finivano sbranati dagli orsi o da qualche calamaro, ma a nessuno importava. C’era stato anche il periodo delle violenze, non lo nego. Squadriglie di donne deluse, ex influencer di Instagram e TikTok, quelle che non si erano ammazzate, soprattutto in Europa e Stati Uniti, ma si registrarono casi anche in Giappone e Australia: vagavano alla ricerca di uomini isolati, poi li violavano, e in alcuni casi i poveracci finivano smembrati. A quanto pare, con dignità gli uomini accettarono il destino.
Dai, prugna ravveduta, arriva a quando scoprono chi ci stava dietro, prima che mi cali la palpebra.
Calmati, satanica mocciosa. La scoperta avvenne poco dopo l’elezione della prima sovrana degli Stati Uniti, la nostra cara e riverita Nipples Villosi. La CIA e l’FBI, ormai rimpicciolite e costituite solo da donne raggrinzite, vennero a scoprire che dietro al Grande Risveglio c’era un hacker chiamato il “Madido Piffero”. Fu lui che propagò un MP3 da smartphone a smartphone, da messaggio a messaggio, da un WI-FI all’altro, balzellon balzelloni, come una piattola dai pantaloni, fottendosene delle VPN, come un trojan in evoluzione, e i maschi mediani, ascoltando il motivetto, vedevano il pelo di Maya cascare e la realtà farsi sotto.
E basta! Quando arrivi al pelo non capisco più nulla, rintronata. Spiegati. Che cavolo è ‘sto pelo di maiala?
Vedi di calmarti, nana merdosa, prima che arrivi la madre e ti rompa quel grugno da smorfiosa. Il motivetto apriva gli occhi ai maschietti, bruciava il pelo, quello che ti fa credere che la vita così come la vivi abbia senso e che si possa agguantare la felicità, che per un maschio mediano dell’epoca mia era rappresentata dal denaro, dalla sorca, dal pallone, e non dalla poesia. Una volta che tutto ciò perse significato, grazie all’MP3 del Madido Piffero, gli uomini smisero di rincorrere i valori flatulenti e cominciarono a lasciarsi andare, fino al giorno X: il Grande Azzeramento.
Ecco, questo è il punto che preferisco. Vai, concludi in fretta, blasfema befana, ma non lesinare i dettagli, o la carota ti addento.
Quel giorno tutti gli uomini che avevano avuto a che fare con l’MP3 del Madido Piffero salirono in qualche punto a strapiombo, chi sulle scogliere del Dorset o in Cornovaglia, chi sulle cascate del Niagara, chi a Kalaupapa, chi a Timisoara, e si lasciarono cadere, sfracellandosi al mare o in qualsiasi corso naturale. I più sfortunati, quelli che vegetavano in città, si buttarono da un ponte. In fondo bastano pochi metri, se uno si lancia di cabeza. Morirono tutti, e i corpi fluttuarono via tra le onde. Si disse che anche il Madido Piffero fece la stessa fine, sfracellato e dall’oceano risucchiato.
Zzz. Ronf Ronf.
Dormi piccola? Ronf. Dorme. Questa parte la stende, sempre.
Quando la nonnina fu sicura che la piccola stesse dormendo, andò in cucina e spalancò il gas. Poi attaccò una corda al lucernario, salì su una cadrega, e infilò la testa nel tepore dello scorsoio.


A illustrare: Screenshot dal videogioco “A Plague Tale: Innocence“.