La notte del Coniglio
Sono venuti anche stanotte. Mi hanno svegliato di colpo con le loro dannate chitarre e mi hanno fatto andare di traverso la saliva. Mi hanno seguito, merda: dalla casa della nonna, fino all’albergo. Io rimango qua, a guardare il soffitto. Vedo i fari delle auto illuminare i mobili della stanza e la luce dell’insegna accendersi e spegnersi. Rosso. Spento. Rosso. Spento. Rosso.
E li sento, maledetti. Senza stanchezza, senza sudore, senza cervello. Mi chiedo pure se abbiano la testa, sotto i loro sombrero del cazzo. Vanno avanti per tutta la notte, sotto il davanzale del motel. Le note mi entrano nelle orecchie, mi fanno diventare matto. Avanti così, senza sosta.
Nel bar vicino alla spiaggia il caldo e le mosche si fanno sentire. L’afa appiccica il sudore alla pelle, gli insetti si posano sui bicchieri scheggiati e sulle palpebre abbassate del vecchio Papa.
Il ventilatore sul soffitto è rotto: si muove solo quando vuole lui, e a stento. Il silenzio è spezzato dalla radio sul banco, che ronza una canzone. Si agitano, unici nel locale, quelli del gruppo di Gas. Cos’hanno da scatenarsi tanto è un mistero. Il gestore, appollaiato su uno sgabello, li lascia fare senza curarsi di loro. Gas lavora per cartelli della droga e chissà cos’altro. È uno con le mani nella merda, lui. Il crimine però gli vuole male: anni passati a eseguire ordini e nemmeno la soddisfazione di riempirsi le tasche di soldi. Ora il vento deve cambiare per forza: Gas vuole che quello sia il suo momento. E quindi parla, parla e gesticola. Facciamo fuori i corrieri e i panetti di coca ce li teniamo noi. I soldi non sono tracciati, ce li possiamo pure dividere. I passaporti falsi li ho qua, prenderemo l’aereo domani mattina. Un paio d’ore e saremo scomparsi.
Ha pensato a tutto, Gas. Tranne al vecchio Papa. Lui non parla mai. Ascolta e basta, affogato nell’alcol e nelle occasioni perdute. Il vecchio Papa apre la bocca e rimane così, senza saper bene cosa farne della voce. Senza denti, coi capelli bianchi e il fiato che sa di zolfo. Esta es la Noche. Es la Noche del Conejo. Dice. Gas si volta verso di lui. M e D piegano le labbra. C si limita a cadere sullo schienale della sedia. Di che cazzo stai parlando, stronzo? domanda Gas. Ma Papa è già altrove e non capisce più nulla. Potrebbero piantargli una pistola in mezzo agli occhi e lui sorriderebbe, così, con la bocca senza denti e il volto che non cambia espressione nemmeno nella morte.
Le pale del ventilatore iniziano a muoversi proprio in quel momento.
Non so perché i Mariachi vengano da me. So soltanto che stanotte li ammazzo. Ho una pistola e giuro che stanotte faccio saltare il cervello di quelle merde che suonano qua, sotto la mia finestra. Non li ho mai visti. Se guardo giù spariscono nel nulla, non so come facciano. So solo che non dormo più. Non vivo più. Fumo, fumo, mi tremano le dita. Loro mi spaccano la testa. E io sono qua, seduto sul letto, con la pistola in una mano e la cicca nell’altra. La cenere cade sul pavimento. Io stringo il calcio. Ancora un paio di minuti. Ancora un paio di minuti e la faccio finita.
Il gruppo di Gas è riunito sotto al lampione. Tutti e quattro fumano senza sosta, tutti e quattro sono decisi ad andare fino in fondo. C ha assunto un sacco di roba che gli ha fatto male. Ha già vomitato un paio di volte, là sul marciapiede. Dice di essere stressato: di notte vede i Mariachi e non riesce più a dormire. Ma nessuno gli crede. Soprattutto Gas. Questa in fondo è la sua notte. Quanto tempo gli resta, da passare ancora in questo sporco mondo? Chi lo sa. Quarant’anni se ne sono già andati così, tra madri prostitute, patrigni alcolizzati, carceri e lavori sempre più sporchi. È già alla terza sigaretta e guarda l’ora sul suo Rolex. Max e D gli vanno dietro come bestie. Vogliono anche loro cambiare aria, forse. Difficile capirlo, perché obbediscono senza discutere. E C continua a tremare.
Mentre vede arrivare il furgone, trema. Mentre la vettura tira il freno a mano, trema. Questa è la N-N-N… Continua a ripetere. Gli altri non lo ascoltano. Della Notte del Coniglio non importa niente a nessuno. Quelli che scendono dal furgone sono in tre: vengono avanti senza sapere che quei pochi passi sono gli ultimi che faranno. Gas è già pronto a fare fuoco. Gli altri aspettano solo il suo segnale. E C continua a tremare e la paura rischia di fargli vomitare anche l’anima che non ha più.
Come mi hanno trovato, le merde? Neanch’io sapevo che sarei venuto in questo motel del cazzo.
Eppure sono arrivati fin qui. Li sento, suonano sempre più forte. E io ho i vestiti sporchi di sangue. Non so il perché. Non ho fatto niente, giuro che non ho fatto niente. Mi alzo in piedi. Barcollo. La pastiglia non ha ancora smesso di fare effetto. Forse ne ho già presa un’altra e non me lo ricordo. Vado verso la finestra. Devo sparare subito, senza nemmeno pensarci. Se li guardo, spariscono. Apro i vetri. La pistola trema nella mia mano destra. Non devo guardare giù. Devo sparare senza guardare giù. Metto la mano fuori dalla finestra. Cazzo.
Il vecchio Papa ha parlato. Non lo fa mai, quindi le sue parole vanno ascoltate per forza. È la Notte del Coniglio. È la Notte sbagliata. C vorrebbe dirlo, ma non riesce a pronunciare più di due parole alla volta. Si agita e le frasi gli rimangono piantate in gola. Fermati, Gasolio, è l’unica cosa che riesce a dire. Gas si volta verso di lui: non gli piace essere chiamato così. Il nome che gli hanno dato fa cagare. Non gli piace nemmeno che l’ultimo degli stronzi gli rivolga la parola in un momento del genere. Ma C ha paura. Tanta paura. Si sta pisciando addosso. Anche perché Gas ora punta la pistola contro i corrieri. E quelli non alzano le mani, come avrebbero dovuto fare. Sono armati anche loro. Tirano fuori le pistole. È la Notte, continua a dire C.
Avevo bisogno di soldi. Anche per la nonna. Volevo cambiare vita, essere una brava persona.
Ma nessuno mi crede. Perché nessuno mi crede? Ho fatto tutto questo per il bene. Vedo le loro ombre, adesso. Si muovono sul cemento e suonano. Sono in quattro. Non avevo capito che fossero in quattro, merda. Non indossano i sombrero. Forse non hanno nemmeno le chitarre. E non suonano. Parlano. Io non ho fatto niente. Non ho fatto niente, cazzo.
E poi, lui arriva. È sopra un’auto decapottabile. È rosa come un fiore in primavera.
Ha due orecchie grandi e sorride. La sua faccia è quella di un uomo. Vestito da coniglio. È pazzo, sì. Ha in mano un mitra. Ha la lingua di fuori. Chi diavolo la sta guidando, quella dannata coupé? Lui se ne sta là, in piedi, con l’arma puntata. Ride, lascia tutti a bocca aperta. Erano convinti che il Coniglio fosse una favola, ovvio. Gas non si muove più: ha ancora il braccio teso e la pistola contro i corrieri e non sa cosa fare. Si bloccano pure Max e Deo, che non capiscono nulla di quello che sta succedendo. Si blocca Costante. Che ha la mente andata e la paura nel corpo.
Il Coniglio sorride ancora di più: ha la faccia spaventosa, i denti gialli e marci. Apre il fuoco.
Non sono Mariachi. Sono ombre. Hanno la mia faccia. Sono ombre con la mia faccia.
Hanno anche la faccia di Gasolio e di Max e di Deo. Sono loro. Anzi, siamo noi. E parlano. Parliamo. Perché? Perché mi trema la mano e non sparo? Se li colpisco tutto questo finirà. Io voglio che tutto questo finisca. E allora perché mi sto puntando la pistola alla tempia? E tremo e piango senza motivo. Sto per premere il grilletto, tra le lacrime, il sangue e il piscio che mi corre lungo le gambe. Perché?
La Notte del Coniglio è passata. Ha lasciato sull’asfalto le vittime e il nulla nei ricordi. La gente per bene non si è accorta di nulla. Ma la Notte è esistita veramente. Se si va là, nella piazza vecchia, c’è ancora il furgone con le portiere aperte e i bossoli sull’asfalto. Nessuno sa se il Coniglio sia apparso sul serio, o se quelli si siano sparati tra di loro. Non si sa, e forse è meglio così. Il Coniglio in fondo non perdona. Se decide di uscire dalle tenebre non lascia scampo. Arriva per tutti, prima o poi. Stringe la coscienza in una morsa. Sorride dalla sua auto decapottabile e va a torcere il fegato proprio là, dove l’ultima fiamma di spirito brucia ancora. È una brutta bestia, il Coniglio, che consuma nell’anima sia i buoni che i cattivi. Fa male, fa impazzire.
E fa sorgere l’alba, sempre.
A illustrare: immagine creata con Bing Image Creator