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Spaghetti all’assassina

Iniziamo col botto.

Il motivo per cui sono qui è uno. Quelli di Spaghetti Writers mi hanno reclutata SOLO per una frase della mia bio di presentazione che faceva così: “ho un feticcio per gli spaghetti al pomodoro”. Mi sono presentata sciorinando questa o quella pubblicazione, questo o quel premio, ma la verità è che davanti alla fame non c’è penna che tenga. Però sono nata testarda e tra un piatto e l’altro scrivo un sacco di racconti che sicuramente non vedete l’ora di leggere, vero?

Ora però dobbiamo parlare di cose serie: io sono pugliese e questo vuol dire che sono l’unica terrona del gruppo. La Puglia possiede un sacco di ricette che starebbero a pennello in questa rubrica (voi che venite in vacanza d’estate da noi, a fare gli splendidi sulle spiagge di Gallipoli e/o i romantici a Polignano, lo sapete bene perché venite magri e tornate a casa grassi) però, visto che parliamo di spaghetti, ho preferito pescare un piatto che sì, è simile al classico spaghetto al pomodoro a cui sono devota, ma ha un twist in più: è piccante come l’inferno, come le vostre figure di merda più colossali, quelle che bruciano per anni. In più, e non cominciamo a fare i so-tutto-io, la pasta va lasciata bruciare. Deve diventare proprio nera, appicciata, arruscata. Di proposito. Si fa così.

Per realizzare questa ricetta ci sono due metodi, l’originale barese e uno per gli sfaticati, quelli che si scocciano di mettere due padelle in croce per prepararsi qualcosa di commestibile. Il secondo metodo però ve lo dico alla fine (forse), ora devo tenere alta l’attenzione.

Ovviamente non sto qui a spiegarvi perché si chiami “all’assassina” (si capisce, no?) e quanto alle sue origini, parecchio dibattute, c’è Google.

Dico solo questo ed è qui che sta il racconto: un giorno, un giovane che sta sfrigolando uno spaghetto al pomodoro in padella, viene distratto dal passaggio di una bellissima donna. Immaginate una figliola alla “Malena”, tubino stretto, borsettina nell’incavo del gomito, tette che ballano, capelli scuri tutti ondulati, sfido io. Il nostro amico si gira, si affaccia alla finestra, magari fa anche un po’ di cat calling, tesoro di qua, stellina di là, ué bellissima, e nel frattempo il fuoco sotto la padella continua ad andare. La donna, che noi qui chiameremo Angela, si volta, forse sorride, forse gli fa un gran dito medio. La visuale si sposta da lato A a lato B e lui continua a guardare e fantasticare e sta già pensando di chiedere a tutti i suoi parenti di indagare su chi sia Angela, a chi sia figlia, dove abiti e che gusti di gelato preferisca, da chi abbia preso quelle curve così conturbanti. Si immagina di avvinghiarla e sbaciucchiarla e magari invitarla a cena ad assaggiare il suo cavallo di battaglia, quello spaghetto delizioso che sta preparando. Lo spaghetto al pomodoro piccante. Lo spa…lo spaghetto! Si volta d’improvviso allarmato, afferra la padella che stava fumando come una ciminiera e si rende conto di aver bruciato tutto il fondo. Lancia due o tre parolacce, smuove un poco gli spaghetti e sospira. Sono rovinati. Certo, ne è valsa la pena, guardare Angela camminare per strada. Distrattamente, torna alla finestra con in mano tutta la padella, afferra uno spaghetto, se lo mette in bocca, e caspita com’è piccante, e com’è buono, così croccantino, così bruciacchiato! Mi sa, mi sa, che la prossima volta li cuocerà così di proposito. Fanno anche la loro bella figura, ricordano un po’ i rimasugli di pasta che sua nonna abbrustoliva sul braciere di rame antico, perché, chiaro, non si buttava via niente.

Per quattro persone allora vi serviranno (abbondante, non fate i tirchi, sono ingredienti che costano poco):

  • Una padella di ferro capiente, di quelle antiche, della vostra nonna (in mancanza un antiaderente, ma NON è la stessa cosa)
  • 350 gr di spaghetti a breve o media cottura (no spaghetti che cuociono in duecentocinquanta ore)
  • 150 gr di passata di pomodoro (o pomodorini nel sugo, se vi piacciono)
  • Due cucchiai generosi di concentrato di pomodoro
  • Aglio, olio evo, peperoncino, sale

Dunque, per prima cosa la padella deve essere ampia, tanto quanto la lunghezza degli spaghetti, perché qui il segreto è questo: la pasta deve adagiarsi sul fondo per permettere di bruciacchiarla. Per farla breve, deve stare comoda. Secondo, vi servirà un altro pentolino di acqua salata (circa un litro) in cui andrete a sciogliere il concentrato di pomodoro. Otterrete quindi un brodo rosso che vi servirà per risottare gli spaghetti direttamente in padella. Portate ad ebollizione il brodo di pomodoro, poi abbassate la fiamma e lasciate sobbollire. È facile, come per i risotti (se avete mai fatto un risotto, altrimenti chiedete al nostro Francesco Casini <3).

Intanto, versate dell’olio evo (EVO!) in padella, deve ricoprire il fondo, uno spicchio di aglio fatto piccolo piccolo e abbondantissimo peperoncino di vostro gradimento: può essere secco, fresco, calabrese, americano, messicano, quelli del Quetzaltenango di Homer Simpson, vedete un po’ voi, ma deve essere forte, sennò che si chiama a fare spaghetti all’assassina? Benissimo, soffriggete tutto per qualche minuto a fiamma alta (questo è un altro fatto imprescindibile: vi dovete sporcare di schizzi di sugo) poi versate in padella la passata di pomodoro.

Quando saranno passati cinque minuti, adagiate gli spaghetti CRUDI nel sugo. Cercate di distribuirli in modo uniforme ma non separati. Devono stare vicini, si devono sbaciucchiare un poco con la lingua. Bene, ora viene il bello: gli spaghetti devono essere toccati il meno possibile, si devono attaccare al fondo della padella, fin quando non risulteranno bruciacchiati. Non girateli prima, non girateli dopo. 

La domanda nasce spontanea quindi. E maaa, come faccio a sapere quando girarli dall’altra parte? Già vi sento mormorare.

Usate le orecchie e gli occhi: quando il sugo si ritira e sentite sfrigolare intensamente, quando il fondo diventa secco, provate a sollevare qualche spaghetto e se lo vedete bello rosolato, allora è il momento. Usate una spatola piatta, dal bordo sottile, e sollevate tutti gli spaghetti. Ribaltateli in blocco, come la pagina di un libro, poi ripetete l’operazione, lasciateli bruciacchiare anche dall’altra parte. Quando sembrerà che la padella vi stia per esplodere in faccia, ricordatevi del vostro bellissimo brodo di pomodoro: versatene un mestolo sugli spaghetti, separateli un poco, NON mescolate. Lasciate assorbire il brodo, rigirate gli spaghetti, rimettete il brodo. Andate avanti così fino a cottura.

Alla fine dovete (dico dovete e non dovreste perchè confido nelle vostre capacità) ottenere una pasta non troppo cremosa, piuttosto asciutta, ma super arsa, bruciata. In quelle parti sta tutto il sapore, proprio come quando rubate l’angolino croccante della lasagna al forno.

Mi raccomando, fate un bel nido, adagiate gli spaghetti in un piatto bianco (niente sciccherie, è una cosa all’antica) e servite. Senza formaggio, senza giro d’olio. Niente, solo la pasta e basta. E preparatevi a innamorarvi bestemmiando, come in qualsiasi storia d’amore degna di questo nome.

Metodo numero due per i pigri, ma solo perché scrivendo m’è venuta fame e mi sento magnanima: preparate (o a questo punto, fatevi preparare) una doppia porzione di spaghetto al pomodoro classico. Mangiatene una, l’altra mettetela da parte in frigo. Il giorno dopo prendete la porzione avanzata, mettetela in padella con un filo d’olio e tanto peperoncino, fatela bruciare. 

Les jeux sont faits.

Grazie Deborah per questa ricetta!.

Prego, cari. Ora andate a leggere i miei fucking racconti”.

Se fate i bravi, la prossima volta vi passo la ricetta della pastina col formaggino. Che, per chi non lo sapesse, è un altro dei miei feticci.

Deborah