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Effortless Beauty

Autrice
Nicole Trevisan
Ciclo #14 - E vissero tutti spaghetti e contenti
Narrativa generale
27 aprile 2023

Segue i movimenti dell’indice attraverso lo specchio, la scia dalla gota al mento. Idratazione coreana in sette strati: è al penultimo. Col palmo stende il gel, emulsione di vipera. La pelle è umida di luce.

Scatto.
«Lei è bellissima, mia signora.»
Il riflesso si accende di consenso, lei sorride e si compiace. Appare ancora più radiosa. Labbra nude, capelli sciolti in onde ripassate da un costoso robot per capelli a sezioni intercambiabili. La chioma è come spettinata da una brezza marina, ma la finestra della camera affaccia sul tetto di un grande magazzino di prodotti per la casa, un parcheggio e il terrazzo-ristorante di un hotel economico.

Scatto.
«Ci sarà mai qualcuna più bella di me?»
«Al dire il vero…»
Specchio calcola e riflette. Le restituisce un’espressione scontenta. Si raccapriccia, nella piega indisposta della bocca carica uno sputo.
«Chi?!»
Quasi lo schizza. La superficie davanti a lei si oscura e rimanda l’immagine in primo piano di Biancaneve. Quattordici anni compiuti a maggio. Boccoli alle orecchie, naturalmente gonfi, come naturali risultano il nasino all’insù e le lentiggini che non ha bisogno di disegnare sulle guance. Non un neo, un brufolo. Una ruga, una sola.
Matrigna spazza via i sette prodotti coreani dalla mensola sopra il lavandino. I vasetti acquamarina si spaccano e lei si artiglia gli zigomi, spingendoli – oh no, fermati! – verso il basso, in un accento di disperazione. Performativa, come d’abitudine, tuona: «Com’è possibile? Come!»
Un frammento di vetro si conficca nella polpa dell’alluce. L’urlo irrigidisce Specchio e l’attraversa, tanto da temere una crepa sulla superficie, che invece resiste. Schiarisce la voce: tra le sue anime, ce n’è qualcuna di ragionevole.
«Mia signora, mi duole ricordarle che ha trentacinque anni. Ormai rappresenta un altro tipo di bellezza. È incantevole e affascinante, non ha nulla da invidiare a Biancaneve. Ma lei, ecco, è giovane, nell’età della più pura freschezza, della libertà e del candore. Capisce?»
«Ah, affascinante, dici! Il fascino di cui parli a me sembra il ciglio del baratro, dell’oblio definitivo.»
Matrigna si affloscia sulla ciambella del wc sospeso, la testa abbracciata ai gomiti. Specchio, imbarazzato, tace mentre lei singhiozza. «Oh, gliela farò pagare, se ne pentirà!» gorgoglia la sua voce, tutt’altro che flautata e in accordo diminuito. Sorge da un sottofondo di catarro e siero di vipera disciolto. Scrive una caption, perde qualche minuto a cercare i tag giusti e si inquadra dall’alto.

Scatto.
L’insicurezza estetica è un segno profondo della deformazione maschilista insita nella nostra società. Siamo oggettivat*, ci viene impedito invecchiare e manifestare un difetto: oggi è uno di quei giorni in cui non mi sento a mio agio nel mio corpo, mi muovo tra le pareti di casa mia come se non mi appartenesse. Dovremmo esserci vicin* in momenti come questi, la solidarietà ci permette di uscire dalle logiche patriarcali per essere liber* di essere noi stess*!


Il primo servizio gliel’ha fatto un amico di papà. Sempre impegnato col lavoro, lui, usciva di rado dallo studio, e per poter discutere di un paio di cause l’aveva ospitato di ritorno da un convegno dell’Ordine degli Avvocati. Aveva la passione per la fotografia e aveva ritratto Matrigna sulla chaise-longue, vestaglia e sigaretta in bocca; in cucina, che sciacquava i polsi sotto la camicetta trasparente; seduta sulle scale, gambe distese appena divaricate sotto un abito a pieghe da attrice anni cinquanta. Riponendo l’attrezzatura, però, aveva intravisto Biancaneve in giardino, tesa sulle punte dei piedi nudi a offrire fettine di mango ai cocoriti.
«Ferma, ferma!»
Si era sbracciato. Matrigna non c’era, corsa da Specchio a darsi una controllata, e l’amico di papà ne aveva approfittato per esaurire il resto della scheda di memoria con fotografie della ragazza stesa sull’erba, sorridente in un barbaglio di luce, la gonna sollevata oltre il ginocchio incontro alla magnolia in fiore. Scatto, scatto, scatto. Effortless beauty: così il fotografo aveva intitolato la serie, caricata sul suo sito e poi diffusa a rimbalzi di condivisione. Davanti a Specchio, Biancaneve si era piaciuta. Matrigna non aveva apprezzato, ma suo padre era fiero di lei.
«La mia piccolina, tutta sua madre.»
Sua madre. Una morta illustre che viveva nelle fotografie appese ai muri, sopra ai mobili e nei cassetti. A Biancaneve vennero gli occhi lucidi, a Matrigna voglia di divorziare. Ma c’era quel dettaglio della professione di suo marito, di certi suoi vizi, di un contratto che aveva sottoscritto per fiducia, dicendosi che sarebbe andato tutto bene e un uomo nella sua posizione non poteva che tutelarsi. Fare appello al loro legame sarebbe stato inutile, partiva sconfitta. Doveva cavarsela da sola.

Se al tempo delle prime fotografie era riuscita a soprassedere, la conferma di Specchio aveva messo Matrigna nelle condizioni di non poter attendere. Avevano appena concluso una nuova sessione fotografica, stavolta semiprofessionale. Sempre all’aperto, in un campo di grano pronto per la falciatura. Biancaneve carezzava spighe fragranti. Scatto. Con le bretelle abbassate, esponeva la schiena nuda e intrisa di sole. Scatto. Il profilo del suo viso reclinato, annegato in meditazione sul tempo e la giovinezza con uno stelo di papavero tra le labbra a impersonare il fiore della verginità, la tentazione e ogni male. Scatto. Specchio perde il conto delle volte in cui lei si riflette su di lui. Poco per volta, entrano in confidenza.
«Potresti avere di più» le sussurra.
Lei ribalta la testolina nuvolosa sulla spalla. «E come?»
«Vedi, è che sei prudente con la tua bellezza. Timida. Insomma, non ti valorizzi. Matrigna, che ormai non ha più niente da dare o raccontare, sa come fare. Dovresti imparare da lei.»
«Mi detesta.»
«Di questi tempi, bambina, l’odio aumenta il consenso. E poi, tu piaci a me. Il resto non è importante. Perché non provi quel vestitino? Seta pura. Mettilo senza biancheria, su. Da brava.»
Scatto. Lei saltella sul posto, battendo le mani a tempo. Si piace.
«Grazie. Hai ragione, mi sta da dieci.»

Biancaneve si scrive con Ersilio Toscani. Parente dell’altro Toscani, quello dei calendari e dei vestiti colorati. Più giovane e prestante, appena maggiorenne. Dice, non ho mai visto una creatura più incantevole di te, sei una dea, con quel vestito di seta gialla mi fai perdere la testa. Lei risponde con sorrisi, fiori di pesco e cuori colorati. Le chiede di raccontarle di sé e lei si sfoga: vorrei avere una famiglia mia, unita e solida, forse fare la modella. Lui le risponde ammirato dalla sua dedizione a certi valori, pilastri fondamentali di una società altrimenti degradata e corrotta. Sei unica, Biancaneve, ma dove ti eri nascosta! Cuori che arrossiscono, buongiorni e buonenotti che si dilatano in poesia.
Tre giorni e si dichiarano reciproco, eterno amore.
Potresti fare qualcosa per me, le mormora lui in un messaggio in chat. Che cosa, amore mio?, ribatte lei entro dieci secondi.
Vorrei una tua foto, che sia solo mia, capisci cosa intendo? Un pensiero per me, che sono solo e ti aspetto e non posso averti tra le braccia. Spogliati, toglimi il fiato, mostrami come sei davvero. Non poter essere lì con te mi distrugge.
Lei sorride davanti a Specchio. Si sfila il pigiama, le mutandine. Si butta sul letto, un braccio piegato dietro la testa, il sorriso seminascosto tra i capelli. Scatto. Ersilio visualizza e non risponde.

Al mattino, Biancaneve viene richiamata nello studio del padre, che sbatte la mano sul mogano, scuotendo cataste di pratiche invecchiate nell’attesa di una sentenza. Sobbalzano col cuore infranto della ragazza.
«Mi vergogno di te. Non è così che ti ho cresciuta. Cosa direbbe tua madre?»
Abbaia dietro baffi regali, pettinati con cera e acconciati una volta a settimana dal barbiere. Biancaneve non alza lo sguardo oltre quella bocca rabbiosa. Si annoda le falangi, ritratta in un senso di colpa senza origine. Il dolore per la scomparsa di Ersilio le bagna le ciglia, appesantendole d’insonnia. Come ha potuto farle una cosa simile? Forse è stato male, forse è deceduto e lei, lei non ha potuto fare nulla, isolata com’è a chilometri da lui, senza modo di raggiungerlo, col dovere di ascoltare lo stupido sfogo del padre.
«Io non capisco, papà. Cos’ho fatto?»
Lui sbatte il dorso nero di Specchio sulla scrivania, rischiando di romperlo. «Sei tu o no?!»
Appare la foto della sera prima, quando si pensava al sicuro nella sua stanzetta, tra le lenzuola e le carezze virtuali del suo amato. L’hanno vista tutti. Ersilio l’ha tradita. Non c’era niente di vero, di lei non gli è mai importato nulla, era solo un pezzo di carne da esibire, che magari trovava ridicolo. Biancaneve si sente venir meno. Il baricentro oscilla, cerca uno spigolo a cui aggrapparsi, lo manca e crolla sul tappeto. Svenuta. Scatto.

L’adolescenza è fatta di scelte, è il primo atto dell’età adulta. Corriamo incontro alle nostre aspirazioni, ovunque ci portino. E, talvolta, cadiamo. Serve tempo per rialzarci e ritrovare il ritmo del proprio respiro, per capire le scelte fatte in un momento di confusione ed essere noi stess*. Sono stanca, ho bisogno di un periodo di riposo per tornare a me. Un abbraccio forte dalla vostra @Biancaneve.

Viene postata da Matrigna, distesa nella vasca da bagno in camera da letto. Cancella il profilo, conferma. Poi tocca a quello di Ersilio, a cui si era dedicata con attenzione, ricordando i gusti della figliastra e scegliendo un aspirante modello francese, un ragazzino appassionato di fotografia: chissà, forse lui e Biancaneve si sarebbero piaciuti davvero, se mai avessero saputo l’esistenza l’uno dell’altra. Scatto.
Torna nella sua homepage, preme il pollice sul riflesso del suo volto incorniciato da schiuma al mughetto e da ciocche curve che scendono fino al collo. Si solleva un poco, mostrando l’attaccatura dei seni, ruotando il viso da un lato e dall’altro. Zigomi altissimi, eccellenti. Ha messo un nuovo mascara. Bitchqueen.
Può prendersela comoda. La figliastra è stata costretta a prendersi una pausa, a settembre cambierà scuola per questioni di sovraesposizione mediatica – così aveva scritto suo padre al Preside, per non abbassarsi a nominare il rischio di bullismo. Privata dell’accesso a ogni Specchio, era stata spedita in campagna da una zia materna appassionata di Pranayama. Pare se ne sia scappata dopo un paio di giorni, addentrandosi tra campi di soia e colza. L’impassibile zia dice di averla vista pascolare attorno a un bioagriturismo, ha giurato di tenerla d’occhio. La immagina a fare la sguattera in cambio di un letto farcito di cimici, in un unico stanzone con altri disperati in fuga dal capitalismo, dalla tecnologia e dal consumo di carne. A cucinare curry di ceci con latte di cocco. Che fine gloriosa, non avrebbe potuto pensare a niente di meglio. Biancaneve e il suo vestitino di seta gialla sono scomparsi da ogni riflesso. Ora Matrigna è in pace, può mettersi tranquilla. Fa ciao al suo pubblico con la mano insaponata. Stende le gambe, rilascia il tasto centrale.
Fine della diretta.


A illustrare: immagine rinvenuta su Pinterest