Mandorla
– C’è qualcosa che non hai mai fatto?
Ci pensai un attimo.
– Non ho mai sverginato una donna – risposi.
Lei sorrise.
– Be’ nemmeno io.
Ridemmo entrambi.
Lei si guardò le tette, se le toccava.
– Credo che siano cresciute, forse sono ingrassata.
– Non è strano?
– Cosa?
– È come se a noi, ingrassando, ci crescesse il cazzo.
Ridemmo ancora. Mi avvicinai e la baciai. Lei si allungò sul letto spalancando braccia e gambe. Il suo ventre si distese, i seni scivolarono leggermente di lato. Mi inumidii l’indice con la bocca e glielo passai sul corpo. Scivolai dalle spalle al seno, sui capezzoli granulosi, lì sopra disegnai dei cerchi. Lei sussultò, accennò un sorriso. Poi scesi ancora seguendo la linea alba dell’addome, infilai il dito nel suo ombelico e lei emise una risatina.
– Mi fai il solletico.
La sua voce era tenue e rotonda. Pensai a come la voce cambia in certe situazioni. In camera da letto si sussurra, come in raccoglimento spirituale.
– Hai l’ombelico a forma di mandorla.
– Che significa?
– Niente, è bello.
Girai il dito in quel perfetto orifizio allungato quando successe qualcosa di strano. Il dito sgusciò all’interno, come all’interno di un ano, in una sacca calda e umida. Lei urlò e si ritrasse.
– Oddio! Cos’è successo?
Dal suo ombelico scese una goccia di liquido denso e trasparente.
– Sei entrato?
Mi avvicinai alla sua pancia col viso e leccai via la strana goccia. Non era la mia saliva, aveva un sapore diverso, amarognolo.
Lei mi guardò perplessa.
– Be’?
Alzai le spalle, non sapevo cosa pensare.
Lei provò a toccarselo. Sembrava ok. Forse l’eccitazione era passata e si era richiuso.
– Ti ha fatto male? – chiesi.
Scosse la testa.
La afferrai per la nuca e le detti un bacio. La spinsi giù, la feci sdraiare di nuovo. Stavolta percorsi il suo corpo con la lingua. Le baciai il collo, le succhiai i seni, le leccai la pancia. Scesi fino all’ombelico, avvicinandomi con piccoli baci. Mi misi comodo tra le sue gambe. Cominciai a leccarla e lei gemette. Leccai quella fossetta in mezzo al ventre come un’ostrica. La sentii bagnarsi giù in basso. Era assurdo ma la cosa mi eccitava.
Cominciai a succhiarlo. Sentii del liquido denso in bocca, dall’ombelico usciva un succo biancastro. Lei strinse le gambe e mi afferrò la testa. Mi tirava i capelli, avevo il naso schiacciato contro gli addominali, respiravo dalla bocca. Ma lei gemeva sempre più forte. Leccai e succhiai fino a farmi dolere la lingua. Intanto con le mani esploravo il suo corpo. La stringevo, le massaggiavo i seni, le graffiavo i fianchi. Lei tirava dei respiri sempre più profondi, eravamo sulla buona strada.
Infilai di nuovo l’indice in quella fossetta a forma di goccia e successe di nuovo. Il dito sgusciò dentro. Lei si contrasse, mi tirò i capelli. La cosa sembrò ampliare il suo piacere. Incominciai a stantuffarle l’ombelico col dito mentre la leccavo. Non avevo idea di cosa stessi facendo ma sembrava funzionare. Dentro sentivo qualcosa, le pareti dell’intestino, i muscoli dell’addome, non riuscivo a distinguere. Le sue gambe cominciarono a tremare, emise dei gemiti strozzati. Lansciò andare i capelli e mi fermai. Poggiai la testa esausto sulla sua pancia e la guardai contorcersi di piacere, lentamente, come un serpente. Un rivolo biancastro le scivolò dall’ombelico giù per i fianchi.
– Hey.
– Cosa.
Parlavamo senza guardarci.
– Credo di aver avuto un orgasmo dall’ombelico.
Mi stesi accanto a lei. Ce l’avevo duro. Iniziai a toccarmi mentre le parlavo.
– Sicura non sia suggestione?
– Non so…
– Hai visto sono entrato col dito?
– Sarà pericoloso?
Non ne avevo idea ma ero esaltato. Avevamo scoperto un intero nuovo modo di fare sesso. Sorrisi e le gettai un’occhiata.
– Posso provare a infilarcelo?
Spalancò gli occhi.
– Vuoi scoparmi l’ombelico?
Lo disse come una fanciulla indifesa, un’anima pia.
– Va bene.
Mi rizzai a sedere ed esitai un secondo. Non sapevo da dove iniziare. Le chiesi chi dovesse stare sopra.
– Proviamo tipo missionario.
Puntai le braccia, mossi il bacino fino all’altezza della sua pancia.
– Aspetta!
– Cosa?!
– Mettiti il preservativo.
– Dici?
Alzò le spalle.
– Ho problemi di digestione.
In quel frangente mi sembrò un ragionamento logico. Mi allungai fino al comodino. Cercai nei cassetti la scatola di preservativi. Mentre lo srotolavo e provavo a infilarlo lei mi accarezzava le spalle, incerta su come ingannare l’attesa. Arrivava sempre la pausa preservativo, qualcuno avrebbe dovuto studiare un modo per superare l’impasse. Magari inventare un preservativo da poter infilare assieme alle mutande prima di uscire di casa. L’idea del preservativo permanente me la devo segnare, pensai.
– Ok ci sono.
Tornai su di lei e la baciai. Mi sollevai sulle braccia. Le feci scivolare l’uccello lungo la coscia, il bacino, fin sopra l’ombelico. Lo puntellai bene bene contro la fossetta e comincia a spingere.
– Ti faccio male?
Scosse la testa.
Spinsi ancora ma non riuscivo a entrare. Desistetti, mi sputai su una mano per lubrificarmi. Tornai a spingere ma non voleva saperne di entrare. Presi a sudare. Mi fermai.
– Forse stiamo sbagliando qualcosa?
Anche lei sembrava confusa.
– Cerco su internet?
Non volevo gettare la spugna. Stimolai l’ombelico con un dito. Usai altra saliva. Lei lanciò un urletto. Rimasi col dito infilato nella sua pancia. Era entrato. Cercai di dilatarlo. Lei gemeva a occhi chiusi. Tirai fuori il dito e ci infilai l’uccello velocemente. Lei urlò.
– Oddio!
L’uccello entrò per tutta la lunghezza, sparì nella pancia. Sembrava di essere dentro di lei, ma dentro veramente, di muovermi tra gli organi. Non era come qualsiasi altro orifizio, non sentivo mucose o pareti, era come muoversi nel miele. Lei gemeva e si agitava, mi graffiava la schiena. Le detti colpi secchi, iniziai a sbatterla. Il mio bacino schioccava contro le costole. Arrivati al culmine urlammo di piacere entrambi, poi rotolai di fianco.
– Mi hai scopato la pancia, non ci posso credere!
Ero senza fiato.
– Mi sento scombussolata, devo andare al bagno.
Si alzò di fretta e corse al bagno. Mi avvicinai alla porta, nudo.
– Tutto ok?
Nessuna risposta.
Bussai.
– Amore?!
Abbassai la maniglia, era aperto, spalancai.
Era seduta sul water, si stava ispezionando la pancia. Improvvisamente uscì uno sbuffo di fumo dall’ombelico. Lei cominciò a urlare. Piegò la testa all’indietro, gli occhi vitrei. Il ventre le si gonfiò.
– STAI BENE?!
Dall’ombelico cominciò a uscirle molto sangue grumoso. Era uno spettacolo raccapricciante. Dimenai le mani in maniera confusa. Volevo aiutare, cercai di tamponare schiacciando i palmi su di lei. Chiamai aiuto. Nel frattempo il suo corpo si agitava in preda a spasmi. Il sangue e i tessuti ribollivano sotto pelle. Sembrava evaporare. Si dissolse lentamente, prima lievitando, poi sgonfiandosi, infine liquefacendosi dall’ombelico giù nello scarico del cesso.
Rimasi a fissare la guaina di pelle svuotata e ammosciata sulla tazza come una muta animale. La mia coscienza si allontanò, uscii dal mio corpo, mi dissociai. Non poteva essere vero. Pensai alla cena di quella sera, il pollo al curry d’asporto, il vino bevuto davanti alla Tv, il sesso.
Avevo finalmente sverginato una donna.
Foto di Dainis Graveris su Unsplash